Controlli e liti

Dichiarazione infedele, sanzione al minimo edittale se manca il dolo

La sentenza 3067/11/2021 della Ctr Lazio ha confermato l’applicazione della plusvalenza ma ha escluso la frode

di Emanuele Mugnaini

Se manca l’intento fraudolento la sanzione applicabile per infedele dichiarazione è pari al minimo editale. Così si è espressa la Commissione tributaria regionale del Lazio con la sentenza 3067/11/2021.

Il caso. Le Entrate contestavano ad una società di capitali l’assenza dei requisiti per fruire del regime pex (articolo 87 Tuir) sulla plusvalenza realizzata a fronte della cessione di una partecipazione.

In particolare, non era stato rispettato il requisito formale di cui alla lettera B del comma 1, che impone l’iscrizione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso. L’intero importo veniva ripreso a tassazione con l’irrogazione della sanzione proporzionale per infedele dichiarazione di cui all’articolo 1 comma 2 del Dlgs 471/97 nella misura del novanta percento.

La società presentava ricorso che veniva respinto in primo grado. Nell’accogliere parzialmente il successivo gravame i giudici della regionale confermavano la totale imponibilità della plusvalenza ma, quanto alle sanzioni, statuivano che, stante l’assenza di dolo, la sanzione applicabile fosse pari al minimo edittale.

La participation exemption. Il regime di cui all’articolo 87 del Tuir prevede la non imponibilità pari al 95% delle plusvalenze realizzate relativamente ad azioni o quote aventi, linea generale, i seguenti requisiti:
a. ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;
b. classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
c. residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato (salvo interpello);
d. esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55 del Tuir.

Il regime sanzionatorio. Quanto alle sanzioni, seppur la pronuncia dei giudici, che pare orientata ad un approccio sostanziale, sia grande favore per il contribuente vi è da osservare come questa, perlomeno dal testo della sentenza, appaia disancorata dal dettato normativo. In tema di infedele dichiarazione, infatti, opera unicamente la riduzione di un terzo della sanzione proporzionale (articolo 1, comma 4 Dlgs 471/97), a condizione che l’infedeltà dichiarativa non sia causata da condotte fraudolente (comma 3), quando, alternativamente: • la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al tre per cento dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000;
• l’infedeltà è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente.

Il medesimo comma 4 prevede, in via residuale, l’applicazione della sanzione fissa di euro 250 solo quando l’infedeltà dichiarativa sia di natura formale, cioè senza danni per l’erario. Condizione difficilmente applicabile al caso di specie, vista la sottrazione di materia imponibile, seppur dovuta ad un errore di natura formale.

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