Imposte

Accise su elettricità, i crediti sono di tipo revolving

La sentenza 1660/25/2021 della Ctr Lombardia affronta il tema del credito di accisa sull’energia elettrica, chiarendone la natura di credito revolving

La sentenza 1660/25/2021 della Ctr Lombardia (presidente Evangelista, relatore Vicini) affronta il particolare tema del credito di accisa sull’energia elettrica, chiarendone la natura di credito revolving, nel senso che il credito d’imposta emergente dalla dichiarazione di consumo annuale va a costituire, nelle dichiarazioni di consumo per gli anni successivi, la componente di un nuovo saldo creditorio emergente da tale ultima dichiarazione, che impedisce di applicare il termine di decadenza biennale di cui all’articolo 14, comma 2, Tua.

L’articolo 56, Tua , dispone che il pagamento dell’accisa venga effettuato in rate di acconto mensili calcolate sulla base dei consumi mensili dell’anno precedente, secondo il dato “storico” indicato nella dichiarazione di consumo annuale, che contiene i consumi mese per mese relativi all'anno precedente, oltre che la liquidazione “provvisioria” delle accise dovute per l’anno oggetto di dichiarazione, con successivo conguaglio annuale, a credito o debito, e successiva compensazione dell'eventuale credito maturato.

Il credito in materia di accise è, quindi, di tipo “revolving”, nel senso che il credito emergente dalla dichiarazione di consumo annuale costituisce, nelle dichiarazioni di consumo per gli anni successivi, la componente di un nuovo saldo creditorio emergente dall’ultima dichiarazione.

In altri termini, il credito è uno ed uno solo e si rinnova di anno in anno per effetto della liquidazione a saldo delle imposte dovute e di quelle versate, sulla base dell'ultima dichiarazione di consumo presentata in cui si origina, appunto, un nuovo credito d'imposta complessivo.

Sul punto, è la stessa normativa tributaria in materia di accise a stabilire che «l’accertamento e la liquidazione dell’accisa sono effettuati dal competente ufficio dell’agenzia delle Dogane sulla base della dichiarazione di consumo annuale di cui all’articolo 53, comma 8, Tua».

Viene quindi configurato dal legislatore un sistema applicativo in cui la contabilità del credito d'imposta del contribuente è tenuta dall’Amministrazione finanziaria doganale: quest'ultima annota l'eventuale pagamento mediante compensazione delle rate d'acconto mensili e decurta il credito di imposta derivante dalla dichiarazione di consumo dell'anno precedente.

Pertanto, le imposte non sono liquidate dal contribuente, ma dall’Amministrazione doganale medesima.

È quindi evidente che lo stesso sistema legislativo preveda l’obbligo per il contribuente di compensare il proprio credito d'imposta di una annualità con gli acconti dovuti per gli anni successivi, senza porre alcuna limitazione termporale alla compensazione del credito d'imposta.

Ebbene, il credito si rinnova continuamente fino al suo esaurimento, o fino a che sorga una causa impeditiva della sua fruizione, come ad esempio la cessazione delle forniture in una determinata Provincia.

Proprio l’obbligatorietà di un simile meccanismo applicativo dell'imposta che prevede la compensazione, esclude l’operatività del termine di decadenza biennale di cui all’articolo 14, comma 2, Tua.

Detta tesi è già stata avallata dalla giurisprudenza di legittimità che, in casi riguardanti il credito d’imposta in materia di accise sul gas naturale – il cui sistema applicativo è del tutto speculare a quello previsto per l’accisa sull’energia elettrica –, è giunta ad affermare che «proprio le particolari modalità di pagamento dell’accisa in esame (…) fa si che alla chiusura annuale di ciascun periodo si determina un nuovo saldo debitorio o creditorio che (…) va a costituire un nuovo credito o debito rispetto a quelli precedentemente maturati».

La stessa tesi è oggi accolta anche in materia di accise sull’energia elettrica , con l’effetto di consolidare l’orientamento in parola, rispetto alla diversa intepretazione resa dalla Corte di cassazione in tema di rimborso delle accise, per la quale il termine biennale di decadenza troverebbe sempre e comunque applicazione, anche nell'ipotesi di crediti confluiti in dichiarazione.

Tuttavia, riconoscere l’operatività del termine di decadenza biennale, da un lato, priverebbe di ogni rilevanza pratica dell’articolo 56, comma 1, Tua, posto che il contribuente dovrebbe, ogni due anni, presentare una apposita istanza di rimborso del credito ancora compensabile, e, dall’altro, violerebbe il principio eurounitario di effettività del diritto al rimborso.

Sotto tale ultimo aspetto, la giurisprudenza unionale – direttamente applicabile alle accise in forza della loro natura armonizzata – ha chiarito che il principio di effettività garantisce che il procedimento nazionale non privi di effetto l'applicazione della disciplina del rimborso dell’accisa, regolata dalle Direttive di riferimento.

Facendo applicazione dei suesposti principi al caso di specie, i giudici di legittimità hanno recepito l’obbligatorietà del sistema legislativo di compensazione del credito d’accisa dagli acconti mensili, con la conseguenza che l’ininterrotto e regolare riporto del credito nelle dichiarazioni annuali di consumo comporta che si determini un nuovo credito all’atto di presentazione della dichiarazione relativa all'annualità successiva.

Nel caso in commento, l’istanza di rimborso del credito, sorto nel periodo d’imposta 2009, presentata dal contribuente nell’anno 2012, è stata ritenute tempestiva, posto che detto credito è stato ininterrottamente riportato e utilizzato per il versamento dell’accisa nelle successive annualità.

L’iter motivazionale seguito dalla Corte di cassazione nella pronuncia in commento appare pienamente condivisibile, in quanto si pone in continuità con l’orientamento (in fase di consolidamento) che riconosce che il credito emergente dalla dichiarazione annuale di consumo sia di tipo “revolving”.

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