Imposte

Compensazione o cessione: i tax credit da Covid-19 al bivio

Come valutare il trattamento dei bonus, tra tassazione, prezzo di cessione e regole difformi

di Giorgio Gavelli

Al di là della diversa tipologia di spesa oggetto di ristoro e del diverso ammontare del credito riconosciuto, questi benefici hanno molti aspetti in comune, al punto che l’articolo 122 del Dl 34/2020 (a volte ripetendo quanto già riportato nei singoli articoli specifici) detta alcune regole generali per il loro utilizzo, che può passare attraverso:
1. la compensazione in F24 da parte del diretto beneficiario, senza applicazione del limite annuo di un milione di euro (che ritornerà a 700.000 euro dal 2021), né di quello di 250.000 proprio dei crediti indicati nel quadro RU del modello Redditi;
2. la cessione, anche parziale, a terzi, ivi compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, entro il 31 dicembre 2021.

Gli acquirenti potranno poi utilizzare, a loro volta, il credito acquisito in compensazione (non a rimborso) «con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente» (dovrebbe essere consentita una nuova cessione).

Come gestire il credito
La scelta tra utilizzo diretto e cessione dipenderà dalla singola situazione del contribuente e le variabili, a questo proposito, sono ben più di una:
l’ammontare dei debiti d’imposta da poter compensare;
l’eventuale sospensione dei versamenti di questi mesi sino al 16 settembre;
la data da cui potrà effettivamente partire la compensazione (dopo l’emanazione dei vari provvedimenti attuativi; oggi l’unico già utilizzabile è il “primo” tax credit affitti per il mese di marzo, spendibile dal 25 marzo scorso);
la necessità del beneficiario di una veloce monetizzazione (magari dell’intero pacchetto) dei crediti per sostenere altre spese e così via.

Peraltro, il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro (articolo 120) è espressamente utilizzabile «nell’anno 2021», una prescrizione che non è dato ritrovare, ad esempio, nel credito per la sanificazione (articolo 125), per certi versi simile.

La fiscalità sullo «spread»
Un fattore che le norme non prendono in considerazione è il corrispettivo che i cessionari saranno disposti a riconoscere, e il regime fiscale dello “spread”, cioè la differenza sul nominale. È prevedibile che la cessione avvenga (come già accaduto per i crediti da ecobonus e sismabonus) “a sconto”, ossia ad un corrispettivo inferiore al valore nominale, e più sul mercato finanziario l’offerta supererà la domanda, più il prezzo sarà scontato.

Ma se chi cede il credito è una impresa, qual è la disciplina fiscale dello “sconto”? Recentemente (risposta a interpello n. 105/2020, si veda Il Sole 24 Ore dell’11 maggio) l’Agenzia ha qualificato come sopravvenienza attiva (imponibile sin dall’origine) il differenziale a favore dell’acquirente, dal che si dovrebbe dedurre che, per il cedente, si tratta di un costo deducibile, pena una asimmetria di difficile giustificazione.

Chi paga in caso d’errori
Altro aspetto comune a questi crediti (che il prossimo anno andranno diligentemente riportati a quadro RU del modello Redditi e speriamo non a modello RS quali aiuti di Stato) è la suddivisione della responsabilità sulla mancata spettanza del credito: i cessionari rispondono solamente per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta irregolare o in misura maggiore rispetto all’ammontare ricevuto, il che significa che eventuali problematiche riguardanti i requisiti che qualificano il beneficio (sostenimento delle spese, loro corrispondenza con quelle previste dal legislatore, eccetera) restano, correttamente, a carico dell’originario beneficiario.

Non sono previste in queste ipotesi né la responsabilità in solido del fornitore o del cessionario, né il visto di conformità sulla sussistenza dei presupposti del credito, sancite invece nei confronti dei bonus edilizi ceduti o scontati, rispettivamente dal comma 5 dell’articolo 121 e dal comma 11 dell’articolo 119.

Credito da tassare o no
Un aspetto che, invece, piuttosto sorprendentemente pare creare una distinzione è quella dell’imponibilità del credito d’imposta ai fini dell’imposta sui redditi o dell’Irap.

È esclusa per il credito sui canoni locativi e per quello sulla sanificazione, mentre nulla viene detto per il credito dall’adeguamento degli ambienti di lavoro che, tra l’altro, dovrebbe essere quello di maggiore importo. È presto per dire se si tratta di una semplice dimenticanza (da sanare in sede di conversione) o se la differenza è voluta: sta di fatto che il passato insegna che laddove il legislatore non ha previsto l’esenzione l’Agenzia ha richiesto l’imponibilità del contributo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©