Imposte

I consumi elettrici bassi possono far perdere l’agevolazione prima casa

Cassazione: le bollette sono una valida fonte di prova della scarsa presenza nell'abitazione

di Roberto Rizzo

La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 29505 del 22 ottobre 2021, ha affermato il principio per il quale, se i consumi elettrici dell’ultimo triennio sono bassi, l’amministrazione comunale può disconoscere l’agevolazione di cui all’articolo 8 del Dlgs 504/1992, per l’abitazione principale.

La presunzione di residenza effettiva in un comune, certificata dai dati anagrafici, può, infatti, essere superata dai consumi elettrici ritenuti modesti. Confermata, dunque, la pronuncia della Ctr ’Emilia Romagna che, con la sentenza n. 1711/2019, ha respinto l’appello proposto dal contribuente contro la decisione resa dalla Ctp di Modena.

In particolare, il giudice dell’impugnazione aveva rilevato che gli scarsi consumi di energia elettrica nell’arco di un triennio possono costituire valida fonte probatoria, atta a smentire la presunzione di abituale dimora nel luogo di residenza, a fronte della dimostrazione – documentale – fornita dal Comune che ne era onerato, di consumi irrisori dell’utente, assolutamente incompatibili con l’abituale permanenza nell’immobile (in realtà, non) adibito ad abitazione principale.

È, infatti, orientamento consolidato della Suprema Corte, quello secondo il quale «in tema di Ici, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione prevista dal Dlgs 504 del 1992, articolo 8 per l’immobile adibito ad abitazione principale, le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo circa il luogo di residenza effettiva e possono essere superate da prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito» (Cassazione, 12299/2017 e 14793/ 2018).

Nel caso oggetto d’analisi, correttamente, i giudici d’appello, con accertamento di fatto adeguatamente motivato, hanno ritenuto, che l’elemento presuntivo dei bassi consumi elettrici nel triennio, debitamente riscontrato, accertato e provato dal Comune, fosse sufficiente per considerare superata la presunzione di residenza effettiva derivante dalle mere risultanze anagrafiche, in quanto integrante elemento sintomatico di una presenza sporadica e, comunque, non abituale, da parte del ricorrente, nell’abitazione oggetto d’imposizione.

Appare, per altro verso, opportuno ricordare che, sempre secondo la Cassazione (ordinanza 8017/2017), per ottenere l’agevolazione fiscale conta anche la categoria catastale.

L’esenzione non spetta, infatti, anche laddove l’immobile sia inquadrato catastalmente come ufficio o studio.

La classificazione catastale è, dunque, altro elemento di valutazione che può assumere valenza decisiva, in quanto qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione, impugnare l’atto di classamento.

All’integrale rigetto delle difese spiegate dal ricorrente, consegue la conferma della decisione della Commissione Tributaria Regionale e, stante la mancata costituzione dell’amministrazione comunale, la compensazione integrale delle spese di lite.

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