Imposte

I conti italiani di un cittadino estero non provano la stabile organizzazione

La sentenza 32389/2019 della Cassazione rimarca la necessità di una presenza radicata sul territorio

di Alessandro Borgoglio


Il fatto che un cittadino estero sia titolare di conti correnti presso istituti bancari italiani, e su
di essi abbia ricevuto accreditamenti da parte di operatori italiani del settore di attività nel quale opera la società estera di cui è rappresentante legale, non integra i requisiti richiesti per la sussistenza di una stabile organizzazione. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 32389/2019.

L’articolo 162 del Dpr 917/1986 (Tuir) definisce il concetto di “stabile organizzazione” con una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato; la stabile organizzazione comprende, tra l’altro, una sede di direzione, una succursale, un ufficio, una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato.

Nella giurisprudenza di legittimità la normativa di riferimento è stata interpretata con la
formulazione di un principio di diritto ormai ampiamente consolidato, secondo cui, per il requisito della stabile organizzazione di un soggetto non residente in Italia, la cui sussistenza è necessaria ai fini dell’imponibilità del reddito d'impresa, è necessaria una presenza del soggetto non residente che sia incardinata nel territorio dello Stato dotata di una certa stabilità in quanto caratterizzata, appunto, da una stabile organizzazione, i cui elementi costitutivi sono quello materiale e oggettivo della sede fissa di affari e quello dinamico dell'esercizio in tutto o in parte della sua attività (Cassazione 30033/2018, 28059/2017).

Nel caso oggetto della sentenza qui commentata, erano state esperite dal Fisco le indagini
finanziarie sui conti correnti di un cittadino egiziano, da cui era risultato che i versamenti effettuati erano riconducibili ad una stabile organizzazione in Italia di una società egiziana, della quale il cittadino in questione era l’amministratore delegato, e che si occupava di vendere pacchetti turistici per viaggi in Egitto ad agenzie di viaggio italiane.
I giudici di merito, però, avevano bocciato l’operato del Fisco, atteso che l’Ufficio non aveva
dimostrato che il cittadino egiziano si fosse occupato abitualmente in Italia della conclusione di contratti aventi a oggetto la prestazione di servizi turistici; inoltre il cittadino egiziano aveva documentato di aver soggiornato in Italia pochissimi giorni.

Da qui la conferma della decisione da parte della Cassazione, secondo cui non poteva in effetti dedursi la stabile organizzazione in Italia solo dalla circostanza che sui conti correnti italiani intestati al cittadino egiziano confluissero somme di denaro che venivano accreditate dalle agenzie di viaggio italiane, non potendosi ritenere provata la circostanza che questi fosse fisicamente presente in Italia con una certa continuità e svolgesse in Italia una effettiva attività di contrattazione con le agenzie di viaggio per la somministrazione dei servizi turistici.

Qualche tempo fa, invece, i giudici di legittimità avevano stabilito che l'esistenza di una stabile organizzazione in Italia è desumibile, insieme ad altri elementi, dal rinvenimento di un conto corrente, intestato a una società estera, aperto presso un istituto italiano, che invia la relativa documentazione presso la sede di una società italiana con cui quella estera intrattiene rapporti (Cassazione Penale 38027/2014).

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