Imposte

Irpef, il 36,6% dei tagli va ai redditi più bassi, il 3,4% ai più alti

I 23,6 milioni di contribuenti fino a 20mila euro pagano il 10,5% dell’imposta e riceveranno lo sconto da 2,56 miliardi su 7

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il 36,6% dei 7 miliardi che il progetto di governo e maggioranza dedica alla riduzione dell’Irpef andrà a tagliare l’imposta di chi dichiara fino a 20mila euro di reddito lordo all’anno. Un altro 12,7%, cioè poco meno di 900 milioni, è destinato allo scalino appena superiore, che ospita i redditi fra 20mila e 26mila euro. Salendo la piramide dei redditi, poi, il peso finanziario degli sconti si riduce, fino alla fascia 40-50mila euro dove si concentra un altro 15,4% dei tagli. Poi ricomincia la rapida discesa con i fondi destinati ai redditi sopra quella cifra.

Il dibattito sulla distribuzione degli effetti del taglio Irpef in arrivo con la manovra si è infiammato negli ultimi giorni, soprattutto dopo la proclamazione dello sciopero generale da parte di Cgil e Uil. Sono volate parole grosse sul “regalo ai ricchi” nella legge di bilancio, contrastate con altrettanta veemenza dai difensori della riforma. I numeri, però, parlano il linguaggio più efficace per capire che cosa succede davvero.

GLI EFFETTI DEL TAGLIO IRPEF

La geografia degli sconti fiscali messi in programma dal nuovo meccanismo delle quattro aliquote e delle detrazioni rinforzate indica con chiarezza gli obiettivi dell’intervento. L’indicatore essenziale per capirli, però, non è il valore assoluto delle riduzioni d’imposta: bisogna guardare al peso degli sconti in rapporto alla distribuzione dell’Irpef attuale.

Con quest’ottica, si scopre per esempio che nella fascia di reddito da 7.500 a 20mila euro (sotto l’Irpef è quasi sempre azzerata dalla No Tax Area), composta da 13,64 milioni di contribuenti (32,86% del totale) che oggi pagano il 10,43% dell’imposta (17,22 miliardi) si concentra il 36,6% del taglio fiscale, per un valore complessivo da 2,56 miliardi. All’opposto, sul gradino più alto della piramide dei redditi occupato da chi dichiara più di 75mila euro all’anno, si incontra un milione di contribuenti, il 2,42% del totale, che oggi pagano 43,99 miliardi, vale a dire il 26,64% dell’imposta complessiva. A loro gli “effetti collaterali” della revisione di aliquote e detrazioni porterà un beneficio da 240 milioni, cioè il 3,4% del totale. In termini individuali, il taglio si aggirerebbe intorno al 24% medio per i redditi da lavoro dipendente fra 8mila e 20mila euro, e al 10% per le pensioni dello stesso importo. A 75mila euro il beneficio sarebbe invece dello 0,6%, per scendere poi progressivamente con l’aumentare del reddito.

Attenzione, però. Perché tra gli obiettivi della riforma non c’è solo una generica riduzione della pressione fiscale. I calcoli per costruire il nuovo impianto sono stati infatti guidati dalla volontà di appianare i salti nell’aliquota marginale effettiva prodotti oggi dal decalage del bonus 80-100 euro. Il suo incrocio con le detrazioni porta a chiedere fino al 45% di ogni euro guadagnato in più da chi ne dichiara fra 28mila e 35mila, e alza le richieste addirittura al 61% nella fascia 35-40mila. Il problema tocca circa un dipendente su cinque secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Ed è prodotto da un bonus aggiuntivo che si interrompe a quota 40mila euro lordi annui. Questo fattore spiega la concentrazione del beneficio che in incontra nelle tre fasce fra 29mila e 50mila euro. Per ricostruire una curva progressiva ma non punitiva bisognava intervenire lì.

L’altro corno del dibattito si è concentrato sulla ripartizione dei tagli fra dipendenti, pensionati e autonomi. Ma qui è la natura dell’Irpef a decretare il risultato: 6,6 miliardi dei 7 destinati ai tagli, quindi il 94,3% del totale, andranno ad alleggerire l’imposta di dipendenti (4,3 miliardi) e pensionati (2,3 miliardi).

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