Il CommentoControlli e liti

La misura cautelare colpisce gli interessi di un terzo estraneo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La presa di posizione della terza sezione penale della Suprema corte sulla legittimità del sequestro del credito del superbonus presso il cessionario acquirente in buona fede, ed estraneo a qualsivoglia illecito, deve far riflettere sia perché è valida anche rispetto alle nuove norme che circoscrivono la responsabilità del cessionario, sia per le conseguenze pratiche che possono derivarne.

Innanzitutto, il sequestro eseguito (e ritenuto legittimo) nella specie non è di tipo preventivo che, di prassi, “colpisce” i reati tributari aggredendo il profitto del reato, ma “impeditivo” (articolo 321, comma 1 del Codice di procedura penale). In base a tale norma, quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del Pm il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato.

In sostanza, ciò che rileva in questo tipo di misura cautelare è il collegamento tra il reato e la “cosa” e non tra il reato e il suo autore. Nelle sentenze in questione, i giudici hanno innanzitutto rilevato che il credito ceduto trae origine dal diritto alla detrazione del contribuente che ha eseguito le opere.

Non si tratta quindi di un “nuovo” credito acquisito dal cessionario, ma del medesimo che si è formato in capo al contribuente originario. A questo riguardo, le circostanze che i cessionari fossero ignari dei reati commessi dai contribuenti originari e avessero opportunamente svolto ogni controllo previsto onde attestare la regolarità dei crediti acquistati sono del tutto irrilevanti, in quanto non si discute della loro responsabilità/colpevolezza.

Risultano anche ininfluenti – rispetto al sequestro di tipo impeditivo - anche le nuove disposizioni in materia di concorso del cessionario (dolo, colpa grave eccetera) di cui si è tanto discusso, le quali disciplinano le conseguenze dei terzi fornitori e cessionari partecipanti alla frode. Ma tali previsioni non escludono il sequestro impeditivo nei confronti del terzo in buona fede.

Tanto è che il legislatore ha previsto (articolo 28 ter, Dl 4/2022) l’utilizzo dei crediti del superbonus oggetto di sequestro dell’Autorità giudiziaria, una volta cessati gli effetti del provvedimento cautelare, entro i termini ordinari, aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro medesimo. Secondo la Suprema corte, con tale norma, il legislatore ammette l’adozione di una possibile misura seguendo le regole del codice di rito, anche nei confronti di un soggetto che potrebbe aver diritto all’utilizzo in compensazione del credito, una volta cessati gli effetti del vincolo.

La sentenza esclude anche che la misura cautelare adottata si traduca in un surrettizio sequestro per equivalente a danno di un terzo estraneo al reato, nel presupposto che il vincolo su una somma non può esattamente individuare il credito oggetto di reato. Sul punto, infatti, il provvedimento aveva individuato esattamente l’oggetto della misura richiamando i crediti derivanti da uno specifico soggetto, escludendo quindi una sorta di commistione con altre somme.

Alla luce di quanto precede, il cessionario del credito (banca, assicurazione, fornitore eccetera) estraneo alla frode può vedersi “sottrarre” la somma relativa al credito stesso.

A questo punto occorre comprendere se queste somme possano essere addirittura confiscate in caso di condanna (articolo 240 del Codice penale). Le sentenze non affrontano espressamente la questione, ma sembrerebbero escluderlo.

Anche confermando tale interpretazione, che appare la più corretta, resta il fatto che i cessionari avrebbero delle somme cautelate per un tempo verosimilmente lungo, con tutte le ovvie conseguenze che possono derivare da un simile blocco.