Controlli e liti

Liti pendenti, sul tavolo il doppio binario Fisco-Inps

Il problema della convivenza tra accertamenti Entrate e richieste di contributi Inps. Per contestare le pretese previdenziali va presentato ricorso al giudice del lavoro

di Giuseppe Morina e Tonino Morina

La tregua fiscale in arrivo, con una nuova definizione agevolata delle liti pendenti, potrebbe mettere fine a un doppio binario che resiste da molti anni, che non ha alcuna giustificazione.

Riguarda il caso, piuttosto frequente, degli accertamenti dell'agenzia delle Entrate, con richiesta di contributi Inps, con il Fisco e l'istituto previdenziale che duplicano la pretesa e moltiplicano le liti. L’applicazione di regole diverse tra Inps e agenzia delle Entrate comporta anche la richiesta di pagamenti delle stesse somme.

È quello che succede a molti contribuenti che, dopo avere ricevuto l'accertamento dell’ufficio delle Entrate, contenente anche la richiesta dei contributi Inps, a distanza di qualche mese o anno, si vedono ripetere la stessa richiesta dei contributi, da parte dell'istituto previdenziale.

In questo modo, il contribuente, se contesta l’accertamento del Fisco, deve presentare ricorso ai giudici tributari. Poi, per contestare la richiesta dell’Inps, deve presentare ricorso al Tribunale, in funzione del giudice del lavoro.

Peraltro, com’è successo per le vecchie chiusure delle liti pendenti, la definizione agevolata vale solo per il Fisco, ma non per l'Inps.

Il guaio è che se il contribuente si “dimentica” di fare il ricorso al Tribunale, per i contributi Inps, a prescindere dagli esiti di quello presentato ai giudici tributari, l’avviso di addebito dell’Inps comporta l'obbligo per il contribuente di pagare le somme chieste.

Può anche capitare che l’accertamento venga annullato, ma il contribuente, se non ha fatto ricorso contro l'avviso di addebito Inps, è costretto a pagare i contributi Inps indicati nell’accertamento annullato, con maggiorazioni e spese. In questi casi, i contribuenti possono presentare un’istanza di annullamento in autotutela, che, però, l’istituto previdenziale difficilmente prende in considerazione, con il paradosso di costringere il contribuente a pagare somme derivanti da un accertamento successivamente annullato.

Capita anche che le sentenze emesse dai giudici tributari possano essere diverse da quelle del giudice del lavoro, una positiva e l’altra negativa o viceversa. La verità è che questo assurdo doppio binario, con la duplicazione delle stesse somme e il doppio contenzioso deve essere eliminato perché ingiustificato e inaccettabile.

Com’è successo per la chiusura delle liti, di cui all'articolo 16, della legge 289/2002, e per le altre definizioni agevolate, è anche capitato che l’istituto previdenziale non si è attivato. In questi casi, l’eventuale definizione agevolata della lite, fatta ai fini fiscali, diventa, per inerzia dell’Inps o per decadenza dei termini, chiusura definitiva anche ai fini previdenziali. Nei casi in cui l’Inps si attiva, l’istituto chiede i contributi per l’intero importo accertato, senza considerare le percentuali pagate dai contribuenti al solo fine di chiudere la lite fiscale.

L’agenzia delle Entrate, in una direttiva del 28 dicembre 2012, si era riservata di fornire indicazioni in merito alle residue quote eventualmente da iscrivere sulla scorta delle determinazioni dell’Inps nel frattempo interpellato dalla stessa agenzia delle Entrate.

Le “determinazioni dell’Inps” erano e sono urgenti e indispensabili, ma, dopo dieci anni, nulla è cambiato.

La speranza è ora riposta nell'annunciata nuova chiusura delle liti, che fa parte della cosiddetta “tregua fiscale” del Governo Meloni.

La speranza è che venga corretta l'anomalia, stabilendo che la chiusura della lite ha effetti per il Fisco e per i contributi Inps.

D’altra parte, basta applicare le stesse regole previste nei casi di riduzione del maggior reddito accertato dal Fisco a seguito di reclamo – mediazione, accertamento con adesione, o conciliazione. La riduzione del reddito rileva anche ai fini dei contributi previdenziali. Di conseguenza, i contributi Inps dovuti dalle imprese, artigiani o commercianti, dovranno essere rideterminati sulla base dell’imponibile definito (circolare Inps 140/2016).

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