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Misure premiali aggiuntive per far crescere l’appeal delle procedure di emersione

Necessario anche monitorare le misure adottate e il loro impatto

di Andrea Giordano

Il decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 riforma la riforma del diritto della crisi d’impresa.

È una riforma al quadrato (o al cubo, se si considera il “correttivo” al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza - decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) che nasce dalla «straordinaria necessità e urgenza» di «introdurre misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare gli effetti negativi» prodotti dall’emergenza pandemica.
Il fine nobile di sostenere l’impresa nell’attuale congiuntura viene realizzato su due principali binari: il primo basato sull’introduzione di un nuovo strumento di composizione assistita della crisi, in vigore dal 15 novembre prossimo; il secondo sul differimento dell’entrata in vigore, a doppia velocità, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (al 16 maggio 2022 l’intero Codice e al 31 dicembre 2023 la sola procedura di allerta).
Con la prima linea di riforma, si intende condurre per mano l’impresa, affidandone le sorti a un professionista indipendente monocratico, specializzato nelle ristrutturazioni aziendali.
In particolare, stando all’articolo 2 del decreto legge, l’imprenditore commerciale o agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile l’insolvenza o la sola crisi, può chiedere al segretario generale della Camera di commercio territorialmente competente la nomina dell’esperto.
Condizione di accesso è la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa, verificabile attraverso un test pratico di autodiagnosi, una check-list che fa le veci degli “indicatori” e degli “indici” della crisi disegnati dal Codice.
L’esperto facilita le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli eventuali altri soggetti interessati; individua le soluzioni più idonee al superamento delle condizioni di squilibrio, anche attraverso il trasferimento dell’azienda o dei suoi rami o persino la rinegoziazione, ispirata ai principi solidaristici di rilevanza costituzionale, dei contratti divenuti eccessivamente onerosi per effetto della pandemia.
La procedura, di natura privatistica e coperta da riserbo, è in armonia con il favore, che ispira le più recenti dinamiche del diritto della crisi, per le soluzioni concordate; mira al risanamento delle imprese (anche “minori”), che abbiano le potenzialità necessarie per restare sul mercato, delineando un percorso duttile e flessibile, che le supporti anche nello stadio della “pre-crisi” e stemperi le rigidità delle misure di allerta.
Con la seconda linea di riforma, si vuole evitare che le misure del Codice, specie se – come gli strumenti allerta – particolarmente impattanti, condannino a morte le imprese già vulnerate dalla crisi.
Del resto, gli strumenti di allerta, la cui entrata in vigore è stata rinviata al 31 dicembre 2023, presuppongono un quadro economico stabile, allo stato insussistente; e la formula della continuità aziendale, che anima l’impianto codificatorio, poco si attaglia a imprese oggettivamente impossibilitate a proseguire l’attività e a prevedere flussi di cassa futuri.
Ferma dunque la condivisibilità delle strade percorse, è necessario chiedersi:
Ose la dilazione temporale disposta dal Dl 118/2021 sia sufficientemente ampia, anche in vista del dovuto recepimento della direttiva 2019/1023/Ue;

Ose l’attuale congiuntura non richieda interventi più incisivi a tutela delle attività produttive che al contempo non mortifichino il diritto di credito;

Ose la stessa composizione assistita della crisi non debba essere promossa con misure premiali maggiormente significative che ne incrementino l’appeal;

Ose e in che misura le regole introdotte nel periodo corrente possano sopravvivere all’emergenza che le ha generate.

Certa è l’opportunità di un monitoraggio costante delle misure adottate e del loro impatto, di una revisione degli “indicatori” e degli “indici” della crisi e, in prospettiva, di una rinnovata messa a sistema del diritto concorsuale che salvaguardi i valori aziendali senza sacrificare l’interesse creditorio. Perché le norme incapsulate nel Codice non siano lontane dalla realtà economica; perché diritto ed economia parlino la stessa lingua e il primo non sia freno, ma volano della crescita.
*magistrato della Corte dei conti, già avvocato dello Stato, componente del Comitato Scientifico dell’I.G.S.