Diritto

Modifica dei piani di ristrutturazione: per l’attuazione tre dubbi da chiarire

I nodi interpretativi della nuova norma introdotta dal Dl Sostegni

di Giulio Andreani

Per effetto dell’articolo 37-ter del decreto legge 41/2021 (il cosiddetto decreto Sostegni) è stato aggiunto all’articolo 182-bis della legge fallimentare sulla disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, un nuovo comma con cui viene stabilito che, qualora dopo l’omologazione degli accordi si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l’imprenditore può apportare a quest’ultimo le modifiche idonee ad assicurare l’esecuzione degli accordi che – sulla base di quel piano – ha stipulato con i suoi creditori. Per farlo deve richiedere all’attestatore indipendente il rinnovo della propria relazione, che, unitamente al piano modificato, deve pubblicare nel registro delle imprese, dandone avviso ai creditori, i quali, entro trenta giorni, possono presentare opposizione avanti al tribunale.

L’applicazione del nuovo comma introdotto nell’articolo 182-bis della legge fallimentare dal decreto Sostegni richiede però il superamento di criticità interpretative che toccano diversi aspetti della norma.

La comunicazione

Il nuovo comma dell’articolo 182-bis stabilisce che delle modifiche apportate al piano deve essere data comunicazione ai creditori ai fini della loro eventuale opposizione. Non specifica però:

● a quali creditori vada data la comunicazione, vale a dire se a quelli esistenti alla data di pubblicazione del nuovo piano, ovvero a quelli esistenti alla data di omologazione dell’accordo;

● se la comunicazione riguarda solo i creditori aderenti o anche quelli non aderenti.

Da un lato si potrebbe essere indotti a estendere tale obbligo di comunicazione a tutti i creditori esistenti al momento della pubblicazione, atteso che anche quelli intervenuti successivamente alla omologazione possono subire gli effetti delle modifiche apportate al piano e hanno dunque interesse a conoscerle e, nel caso, ad opporvisi.

Tuttavia pare preferibile limitare la comunicazione ai creditori - aderenti e non aderenti - esistenti alla data della omologazione degli accordi, poiché quelli che lo sono divenuti successivamente sono rimasti del tutto estranei rispetto a tali atti e hanno acquisito il loro titolo giuridico prescindendo da essi e dal piano su cui si fondano.

Quello previsto dalla norma costituisce per il debitore, più che una facoltà, un onere, in assenza del quale gli effetti dell’articolo 182-bis vengono meno. Pertanto, a seguito dell’emersione di scostamenti non fronteggiata da adeguate modifiche del piano e del conseguente inadempimento delle obbligazioni discendenti dagli accordi, ogni creditore può chiedere la risoluzione dell’accordo che lo riguarda e gli atti, i pagamenti e le operazioni posti in essere non beneficiano più dell’esenzione dalla revocatoria né dal reato di bancarotta preferenziale.

La portata delle modifiche

Occorre inoltre individuare quali sono le «modifiche sostanziali del piano» che costituiscono il presupposto della disposizione. È ragionevole ritenere che debba trattarsi di modifiche la cui necessità è originata da scostamenti - tra fatti aziendali programmati e fatti aziendali accaduti - causati da eventi non previsti o prevedibili, che non abbiano trovato rimedio in correttivi già contenuti nel piano.

Deve trattarsi inoltre di modifiche “sostanziali”, cioé modifiche in assenza delle quali la fattibilità economica e giuridica del piano verrebbe a mancare, a causa di scostamenti che rendono gli andamenti economici, finanziari e patrimoniali dell’impresa debitrice peggiori di quelli previsti e conseguentemente inidonei a consentire l’esecuzione degli accordi sottoscritti.

La nuova norma consente al debitore di modificare unilateralmente il piano di risanamento senza l’espressa approvazione dei creditori: è sufficiente che non vi si oppongano.

Tuttavia, pare da escludersi che essa permetta anche una modifica unilaterale degli accordi: sia perché la modifica del piano deve essere strumentale all’esecuzione degli accordi omologati, sia perché ne deriverebbe una ingiustificata compressione dei diritti dei creditori, che non risulterebbero sufficientemente tutelati dal loro diritto all’opposizione.

Il provvedimento del tribunale

Un altro punto da chiarire riguarda l’effetto del provvedimento che il tribunale deve assumere quando ritiene fondata l’opposizione dei creditori.

Non può essere il diniego dell’omologazione degli accordi, perché questa è già stata disposta e può essere revocata solo dalla Corte di appello; dovrebbe pertanto trattarsi della sopravvenuta inefficacia degli accordi omologati, anche solo con riguardo ai creditori opponenti che possono comunque chiedere il fallimento dell’impresa debitrice.

La t ransazione fiscale

Pur in assenza di una modifica dell’articolo 182-ter, la nuova disposizione va considerata applicabile anche alla transazione fiscale e contributiva: il relativo atto è infatti uno degli accordi di ristrutturazione soggetti a omologazione. Peraltro, l’agenzia delle Entrate ha già da tempo precisato che, a seguito di eventi che pregiudicano la sostenibilità del piano di risanamento, il debitore può concordare, senza un nuovo intervento del tribunale, la stipula di un accordo integrativo, qualora le modifiche (ad esempio una rimodulazione delle rate) consentano il rispetto sostanziale dell’accordo originario. Questo risultato può ora essere ottenuto senza l’ accordo integrativo con l’Agenzia, ma attraverso il procedimento previsto dalla nuova norma.

Le questioni in sospeso

Revisioni solo sostanziali
Le modifiche da apportare devono essere “sostanziali”, nel senso che senza di esse la fattibilità economica e giuridica del piano verrebbe meno: gli scostamenti renderebbero gli andamenti economici e finanziari del debitore non in linea con quelli previsti e pertanto inidonei a consentire la regolare esecuzione degli accordi già sottoscritti

Comunicazione ai creditori
Le modifiche al piano devono essere comunicate ai creditori, ma la norma non specifica a quali creditori, vale a dire se a quelli esistenti alla data di pubblicazione del nuovo piano, ovvero a quelli esistenti alla data di omologazione dell’accordo, come pare più logico.

Modifica degli accordi
Pare da escludersi che la norma permetta, oltre a una rettifica unilaterale del piano, anche una modifica unilaterale degli accordi: sia perché la modifica del piano deve essere strumentale all'esecuzione degli accordi già omologati, sia perché ne deriverebbe una ingiustificata compressione dei diritti dei creditori.

Transazione fiscale
L’articolo 182-ter della legge fallimentare non è stato modificato ma la nuova disposizione dovrebbe riguardare anche la transazione fiscale e contributiva, per identità di ratio e perché i relativi atti fanno parte degli accordi di ristrutturazione omologati il cui adempimento dipende dalla modifica del piano

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