Professione

Accesso al credito più facile con gli aiuti comunitari

di Amedeo Sacrestano

«La Commissione riconosce pienamente le potenzialità imprenditoriali delle libere professioni». È questa la prolusione del "Piano d'azione per sostenere le attività delle libere professioni", varato dalla direzione generale Impresa e industria della Commissione Europea e fortemente voluto dal vicepresidente Antonio Tajani. In termini pratici, questa affermazione si traduce nell'assimilazione all'impresa delle "attività professionali", con l'immediata possibilità per i professionisti di accedere ai fondi comunitari per lo sviluppo, sia quelli a gestione diretta - erogati direttamente dagli organismi comunitari - che quelli a gestione indiretta - demandati alla programmazione e attribuzione da parte dei singoli Stati.
Secondo il Piano d'azione, le "linee di supporto" per le professioni liberali dovranno articolarsi intorno ai cinque seguenti temi: istruzione e formazione all'imprenditorialità; accesso ai mercati; riduzione del carico normativo; accesso al credito; rafforzamento della rappresentanza e della partecipazione a livello europeo.
Per la Commissione europea, i liberi professionisti devono poter partecipare (in maniera agevolata) ad attività d'istruzione e formazione all'imprenditorialità, in grado di migliorare la loro conoscenza e le loro capacità aziendali, aiutandoli a sviluppare ed espandere la loro attività. Detta attività, da svolgere presso scuole e università, consente anche il secondario (ma non meno importante) effetto di condivisione delle esperienze dei liberi professionisti con gli studenti, contribuendo all'acquisizione (ed al consolidamento reciproco) di capacità e conoscenza imprenditoriali. Insomma, per la Commissione i professionisti devono "imparare a fare impresa", anche tornando sui banchi di scuola.
Un altro obiettivo è quello di stimolare la mobilità dei professionisti nell'Ue. Al momento, infatti, questa è molto bassa, con quanto ne consegue in termini di integrazione e di coesione. Di gran lunga più rilevante si presenta l'obiettivo di migliorare l'accesso al credito per i liberi professionisti che, per i loro modelli di business, non si basano su attività che possono servire come garanzie ma su forme di "responsabilità personale del proprietario", con quanto ne consegue in termini di rischi ed inefficienze. Encomiabile, infine, è l'impegno che la Commissione assume per rafforzare la partecipazione dei professionisti ai suoi regolari incontri coi rappresentanti delle Pmi.
I servizi professionali sono «il motore di un'economia basata sulla conoscenza» e la natura e l'intensità di conoscenza dei prodotti e dei servizi forniti suggerisce la loro importanza potenziale come «creatori di lavori nuovi e competitivi in futuro». Dunque, lo stesso approccio che le istituzioni comunitarie hanno dedicato a sostegno delle imprese sino ad oggi deve essere dedicato alle attività professionali, pur tenendo conto che le medesime si inquadrano in un contesto regolamentare differente (anche in ambito Ue) costituito principalmente dalle direttive Servizi e Qualifiche professionali e dal diritto comunitario sulla concorrenza. Peraltro, sul punto, occorre tenere conto che di recente è entrata in vigore la Direttiva 2013/55/Ue, del 17 gennaio 2014, che modifica la Direttiva sulle qualifiche professionali e che deve essere recepita dagli stati membri entro il gennaio 2016.
I liberi professionisti beneficeranno, dunque, dei fondi Ue, anche se tale assunto potrebbe non essere d'immediata applicazione. Per quanto riguarda i programmi a gestione diretta, l'accesso dovrebbe essere più semplice, atteso che saranno le istituzioni comunitarie stesse a definire i singoli bandi per l'assegnazione delle risorse e, dunque, potranno aprire immediatamente ai nuovi beneficiari. Più complesso si prospetta, invece, il cammino da percorrere per l'accesso ai fondi a gestione indiretta. È per tale motivo che, nei giorni scorsi, il vicepresidente della Commissione Tajani ha rivolto per iscritto un'esortazione all'Italia ad operare in tal senso. Un invito, questo, che si assomma a quello per la corretta e completa definizione di tutti gli strumenti di programmazione (da parte dei ministeri e delle regioni) per la gestione dei fondi assegnati per il periodo 2014/2020 che è già partito e già vede il nostro Paese indietro nel governo di questi complessi processi politici e, soprattutto, amministrativi. Bisogna includere anche i professionisti tra i beneficiari dei fondi Ue assegnati all'Italia ma, prima ancora, è necessario che queste risorse vengano effettivamente (e, si spera, efficientemente) programmate, spese e rendicontate. Inutile - e certamente triste - appare ricordare che, ancora una volta, anche per la programmazione 2007/2013 l'Italia non ha brillato in tale azione se è vero che, al 31 dicembre 2013, solo il 53% delle risorse assegnate risultava speso (ovvero, circa 27 miliardi di euro su un totale di circa 48 miliardi di euro, con gli sconfortanti dati del 32% dei fondi Por Fesr Campania e del 38% dei fondi analoghi per la Sicilia).

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