Professione

Navigator, Dpo, sindaci nelle Pmi: la legge crea nuovi profili di business

di Flavia Landolfi

Nascono sulla carta, dettate da riforme, norme, decreti. Sono le professioni “calate dall’alto”, quelle cioè che prendono forma intorno a nuove competenze, obblighi e funzioni che rispondono a nuovi adempimenti. E che per una bella fetta di professionisti possono rappresentare una svolta in una carriera già avviata o un punto di inizio per una specializzazione futura. Come i navigator, per esempio, i nuovi 3mila tutor che affiancheranno il personale dei centri per l’impiego nell’orientamento dei disoccupati beneficiari del reddito di cittadinanza. In attesa della call in arrivo da Anpal servizi che fisserà tutti i requisiti per le candidature, qualche indicazione è già trapelata. Si parla di almeno cinque titoli di laurea, forse sei (si veda scheda in pagina) e di un corso di formazione post assunzione obbligatorio.

Professione custode dei dati
Nonostante sia una figura recentissima, rappresenta già una storia di successo tra le professioni nate sulla carta ed è destinata a consolidarsi sempre di più. Stiamo parlando dei “Dpo” acronimo inglese per Data Protection Officer, il custode dei dati nelle aziende nato dalla riforma Ue sul Gdpr obbligatoria dal maggio scorso in alcuni settori, come la Pa, le aziende sanitarie, ma anche per gli operatori che fanno monitoraggio di dati su larga scala, quindi i settori della comunicazione, banche, assicurazioni, agenzie per il lavoro. «Questa figura - spiega Matteo Colombo, presidente di AssoDpo - non ha requisiti specifici per legge: si richiede una certa professionalità, l’assenza di conflitti di interessi interni e una profonda conoscenza della norma europea e delle prassi operative in materia privacy».

Le certificazioni in questo caso sono quindi volontarie e si ottengono con la base di un diploma o di una laurea seguendo un corso di almeno 80 ore, al termine del quale è possibile sostenere l’esame per ottenere la certificazione. «La grande opportunità che è stata lanciata dal regolamento - prosegue Colombo - è quella di aver creato una professione a tutti gli effetti europea: i Dpo italiani possono lavorare qui ma anche all’estero, ovviamente con il bagaglio dell’inglese e delle norme degli altri Paesi». I dati parlano da soli: al 31 dicembre 2018 in Italia si contavano oltre 43mila Dpo, destinati a diventare 50-60mila allo scoccare del primo compleanno della norma, tra poco più di un mese.

Universo certificatori
Tra le professioni con una storia ormai consolidata non si può dimenticare quella dei certificatori energetici, spuntati per la prima volta nel Dpr 75/2013. Una figura che nel corso degli anni ha avuto un vero e proprio boom sulla scia dell’adempimento Ape nella compravendita degli immobili. Anche in questo caso la norma è generosa: sono oltre la cinquantina i titoli di laurea e di diplomi tecnici abilitanti. La formazione in questi casi non è obbligatoria, lo diventa però con un training di 80 ora di corso in tutti gli altri casi. Non esistono albi o registri, ma solo elenchi gestiti dalle Regioni, che dettano le regole per le iscrizioni, anche dietro versamento di una quota annuale.

Angeli custodi delle imprese
Tra gli sbocchi più interessanti ci sono quelli costruiti attorno alla riforma della crisi di impresa (Dlgs 14/2019). Qui si apriranno almeno 140mila posizioni nei collegi sindacali delle piccole e medie imprese coinvolte nei nuovi obblighi di controllo (si veda il Sole 24 Ore del 18 marzo). Ma ce n’è anche per i consulenti del lavoro che per la prima volta entrano di diritto tra i professionisti chiamati dai giudici come curatori fallimentari, commissari e liquidatori. Nuove opportunità anche dai neonati Organismi di composizione della crisi d’impresa: i componenti potranno essere nominati tra commercialisti e avvocati che abbiano svolto funzioni di commissario giudiziale o attestatore in almeno tre procedure di concordato o tre accordi di ristrutturazione.

Infine, tra i ruoli aziendali in espansione c’è il responsabile del modello 231, la guardia del corpo anti-reato delle imprese. Anche in questo caso la legge (231/2001) non prevede requisiti stringenti: la professione è aperta a diplomati e laureati purché abbiano adeguata professionalità. I corsi di formazione, seppur volontari, diventano in questo caso cruciali per entrare in azienda.

Le nuove opportunità create per legge

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