Professione

La GdF chiede ai professionisti l’autovalutazione dei rischi antiriciclaggio

di Antonio Zappi

Nell’ambito dei controlli relativi alla disciplina antiriciclaggio in alcuni studi professionali del Nord, una richiesta formulata dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della GdF ha destato una certa sorpresa: «Si chiede di conoscere se il soggetto abbia effettuato la procedura di autovalutazione del rischio in conformità alla regola tecnica n. 1 approvata dal Cndcec nella seduta del 16/1/2019».
Si tratta di quella valutazione che consente al commercialista di pervenire alla determinazione del grado di esposizione a fenomeni di riciclaggio/finanziamento del terrorismo e di individuare il cosiddetto “rischio residuo”, attraverso la valutazione, da un lato, del rischio inerente all’attività e, dall’altro, della vulnerabilità connessa al livello di adeguatezza dell’assetto organizzativo e dei presidi antiriciclaggio adottati all’interno dello studio.

Correttamente, peraltro, i militari hanno informato i professionisti che l’eventuale violazione dell’obbligo di valutazione del rischio di cui all’articolo 15 del Dlgs 231/2007 non rientra tra le fattispecie oggetto di sanzione diretta, ma che l’ottemperanza alla procedura indicata nella citata regola tecnica sarebbe stata segnalata nel Pvc anche per consentire al Mef di valutare, ai sensi dell’articolo 67 del citato decreto, i criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative in ragione dell’adozione, o meno, di adeguate procedure di mitigazione del rischio da parte del soggetto obbligato.

Ovviamente, la sorpresa dei professionisti derivava dal fatto che, al fine di consentire di avere un tempo congruo per apprendere le nuove regole tecniche, lo stesso Cndcec, nella sua funzione di Organismo di autoregolamentazione, ha affermato di considerarle vincolanti per gli iscritti solo decorsi sei mesi dall’emanazione delle stesse, ma tali procedure vengono già prese a riferimento dalla Gdf per valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dei presidi antiriciclaggio adottati all’interno dello studio e conformarsi quanto prima al nuovo adempimento appare, quindi, senz’altro opportuno.

Nello specifico, nel modello indicato dalla regola tecnica n.1, sia la valutazione del rischio inerente che quella della vulnerabilità della struttura sono da effettuare tramite una scala di valori che prevede quattro livelli di rilevanza e a ciascuno dei quattro livelli è collegato un risk-score crescente da 1 a 4 (non significativo, poco significativo, abbastanza significativo e molto significativo), da attribuire secondo criteri oggettivi ma liberamente determinabili.
Sarà, quindi, secondo la propria sensibilità nella percezione del grado di vulnerabilità del presidio antiriciclaggio e dell’intensità dei gradi di rischio percepito (in ordine a tipologia di clientela, all’area geografica di operatività, alla modalità di esplicazione della prestazione professionale e ai servizi offerti), che verranno assegnati quei valori che determineranno il livello di rischio residuo e le conseguenti e necessarie azioni di mitigazione da apportare per ridurlo/eliminarlo. Una volta redatto, il documento di autovalutazione del rischio (che è un adempimento proprio dei professionisti obbligati e non è delegabile) potrà essere aggiornato con cadenza triennale, salva l’insorgenza di nuovi rischi che ne rendano opportuna la revisione.

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