Professione

Crisi di impresa, la riforma non stravolge la governance

di Domenico Damascelli e Federico Tassinari

Angelo Busani ha avviato su queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 19 febbraio) il dibattito sull’impatto che il nuovo Codice della crisi di impresa produce sulla governance della Srl. La novità, di grande impatto pratico (perché destinata ad applicarsi dal 16 marzo), merita di essere approfondita, allo scopo di evitare che interpretazioni non sufficientemente meditate lascino passare l’idea che il sistema di amministrazione delle società, con le peculiarità di ciascun tipo, sia stato stravolto dalla riforma.

Il punto di partenza è costituito da due elementi:

in primo luogo, il legislatore ha modificato l’articolo 2086 del Codice civile, che viene intitolato «Gestione dell’impresa» e a cui viene aggiunto un comma che – «in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale» – impone all’impresa societaria o collettiva di «istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa»;

secondariamente, il legislatore ha modificato gli articoli 2257 e 2475 del Codice civile aggiungendovi un periodo di apertura copiato dall’attuale comma 1 dell’articolo 2380-bis ma arricchito dal riferimento ai nuovi obblighi dell’articolo 2086 (e analogo intervento è stato effettuato anche nello stesso articolo 2380-bis e nell’articolo 2409-novies del Codice civile).

Da queste premesse, può ricavarsi un’indicazione. La nozione di «gestione» – che fino a oggi si confondeva con quella di «amministrazione» – della società sembra acquistare una portata autonoma rispetto a quest’ultima: precisamente, mentre la prima concerne l’assunzione dell’assetto imposto dal più volte citato articolo 2086 del Codice civile, la seconda riguarda il compimento delle operazioni (e degli atti negoziali) necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.

Assumendo questa prospettiva, l’incipit di tutte le norme novellate in materia di amministrazione societaria può essere letto scindendo il relativo precetto in due frammenti, nel primo soltanto dei quali trova posto l’avverbio «esclusivamente»; in altri termini, si può sostenere che il primo frammento normativo di cui si discorre attribuisca agli amministratori la responsabilità esclusiva della sola «gestione» sociale (nella nozione dell’articolo 2086 Codice civile), mentre il secondo ribadisce che l’amministrazione della società spetta agli stessi amministratori, ma – deve intendersi – secondo le regole proprie del tipo (e, dunque, in via esclusiva solo se così preteso da tali regole).

Questo consente di salvare con ancora maggiore sicurezza le norme della Srl che ammettono l’attribuzione di diritti amministrativi in capo a singoli soci o all’assemblea, divenendo tale attribuzione preclusa unicamente per ciò che riguarda i poteri di gestione. Ovviamente, non tutti i problemi sono sciolti: rimane da chiarire, nelle società di persone, come risolvere il dissidio sulla “gestione” in caso di amministrazione congiunta: non potendosi interpellare i soci non amministratori in base all’articolo 2257 del Codice civile, non resterà che immaginare un ricorso all’autorità giudiziaria sul modello di quanto previsto dall’articolo 2287, comma 3 del Codice civile, da ritenersi espressione di un principio generale immanente dell’ordinamento.

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