Controlli e liti

Dolce e Gabbana, per il Pg non è reato costituire società in Lussemburgo. Lecita l'ottimizzazione del regime impositivo

di Angelo Mincuzzi


Dolce e Gabbana? «Sono impegnati tra stoffe, modelle, ricevimenti. Sono due creativi e non me li immagino a gestire schemi di abbattimento fiscale». Il sostituto procuratore generale di Milano, Gaetano Santamaria, ne è certo: Domenico Dolce e Stefano Gabbana non sono due evasori fiscali. Insomma, non hanno creato nel 2004 una società lussemburghese, cedendole la proprietà dei marchi, appositamente per non pagare centinaia di milioni di euro di imposte. Nella sua requisitoria al processo di appello che si è aperto ieri, il pg di Milano ha quindi chiesto l'assoluzione per i due stilisti e per gli altri imputati condannati in primo grado. Una richiesta di assoluzione netta, «perché il fatto non sussiste». La sentenza di primo grado era stata una débâcle. Dolce e Gabbana erano stati condannati a un anno e otto mesi di reclusione. Alfonso Dolce, fratello di Domenico e rappresentante legale della Gado, a un anno e quattro mesi, ed era andata male anche agli altri amministratori e consulenti della società: Cristina Ruella e Giuseppe Minoni (entrambi a un anno e quattro mesi) e Luciano Patelli (un anno e otto mesi). Il reato: omessa dichiarazione dei redditi per gli anni 2004 e 2005 per circa 200 milioni di euro.
Ma per il pg di Milano la ricostruzione della procura e della Guardia di finanza fatta propria dal tribunale in primo grado non sta in piedi. Santamaria ha fatto a pezzi la sentenza di condanna e ha difeso a spada tratta l'operato degli stilisti. Costituire una società in Lussemburgo, ha proseguito il pg, non è stato un reato perché «l'ottimizzazione del regime impositivo è lecita» e le giustificazioni portate dai testimoni nel dibattimento di primo grado sono state «ottime, complete e non fantasiose». Insomma, per dirla con le parole del pg, nel 2004 Dolce e Gabbana «pensavano in grande, come conviene a un gruppo del genere», meditavano di quotarsi in borsa e hanno scelto il Lussemburgo perché «c'è una borsa vivace, una situazione fiscale vantaggiosa che può attrarre capitali e il paese ha molti trattati bilaterali sulla doppia imposizione fiscale». La conseguenza? «Invece di pagare le tasse in Italia - ha spiegato Santamaria - hanno pagato solo il 4% sulle royalties in Lussemburgo». E certamente «come cittadino contribuente italiano posso indispettirmi e magari sono contento che la finanza accenda un faro. Ma come operatore del diritto devo dire che sono operazioni legittime. E poi è anche vero che i dividendi sono stati tassati in Italia e che il prelievo complessivo è arrivato quindi al 32 per cento». Inoltre, ha ricordato Santamaria, gli stilisti hanno già pagato al fisco 40 milioni di euro e l'eventuale reato per il 2004 è caduto in prescrizione. La conferma della condanna è stata chiesta invece dall'avvocato Gabriella Vanadiaper per conto dell'agenzia delle Entrate, mentre Armando Simbari, difensore della Gado e di Alfonso Dolce, ha ribadito la richiesta di assoluzione piena.

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