Professione

Riforma in ritardo già di un mese nella spola Mef-Mise

di Lucilla Incorvati

A stare alle dichiarazioni del Mef e del Mise doveva arrivare entro febbraio. Ma della versione definitiva del Decreto attuativo sui nuovi Piani individuali di Risparmio per il momento non c’è neppure l’ombra. Come è noto, dopo che a dicembre la legge di Bilancio 2019 ne aveva cambiato la fisionomia, il mercato dei Pir si è di fatto bloccato perché, rispetto a quelli di prima generazione, i nuovi Pir sono una cosa diversa e gli investitori necessitano di dettagli operativi per poter predisporre i nuovi strumenti.

A onor di cronaca va detto che non sono ancora trascorsi i 120 giorni previsti come termine massimo per l’emanazione del regolamento. Per ora siamo alle bozze del provvedimento (si veda Il Sole24Ore di ieri), redatte dal Mef e ora al vaglio del Mise, che a sua volta dovrà rispedire il testo in Via XX Settembre: a quel punto l’iter dovrebbe avviarsi alla conclusione. Così, il contenuto defintivo lo si apprenderà solo quando sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Quello che certamente dovrebbe rimanere inviariato è il tetto dei 15 milioni come risorsa massima da destinare a ciascuna impresa sia che si tratti della Pmi quotata su Aim Italia sia la start up oggetto d’investimento da parte di un fondo di private equity. Risorse, queste, che potrebbero arrivare in fase di Ipo, in fase di aumento di capitale oppure nel durante, quindi quando l’azienda è quotata. Questo tetto non è stato scelto a caso: è il medesimo parametro indicato dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato alle Pmi. Per la stessa ragione non è stata scelta la nozione di Pmi prevista dal Tuf, bensi la definizione di Pmi a livello comunitario. Diversamente ci si sarebbe esposti al rischio di procedure di infrazione mentre così di fatto la norma è stata blindata. Ricordiamo che chi sottoscrive un Pir e mantiene l’investimento per cinque anni ha diritto ad un’agevolazione fiscale.

C’è da chiedersi: 15 milioni sono pochi o sono tanti? «Secondo noi è un ammontare abbastanza capiente - sottolinea Anna Lambiase, ceo di IRTop Consulting -. Se guardiamo alle nostre analisi l’Osservatorio Aim 2017 indica come dato medio di investimento 8,2 milioni di euro per tutto il mercato Aim. Quindi, 15 milioni è quasi il doppio. Ma per un commento definitivo ci riseviamo di leggere il testo definitivo del Decreto».

Tra gli altri requisiti che attendono un chiarimento c’è quello dell’attività sul mercato da non più di sette anni. Qualcuno ne ha visto un elemento limitativo perché ridurrebbe l’universo investibile sopratutto delle aziende già presenti su AimItalia. In realtà, anche questo requisito va letto alla luce della reale necessità dell’impresa di supportare con il finanziamento un piano di crescita. Dunque, potrebbe trattarsi di un’azienda che esiste da 50 anni ma che ha deciso di lanciarsi in un business nuovo sul quale vuole essere supportata con un Ipo oppure, se quotata, di fare un aumento di capitale su quella linea. E fortemente mitigata nel decreto finale dovrebbero essere anche la dichiarazione obbligatoria che l’azienda deve rendere al fondo (indicazione dell’importo massimo di 15 milioni ricevuto come investimento, presenza sul mercato da non più di sette anni , etc.)

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