Contabilità

Sì al valore di mercato anche se inferiore al costo fiscale estero

di Marco Abramo Lanza e Francesco Nobili

Anche per quanto riguarda l’entrata in Italia, l’articolo 166-bis, comma 1, lettera e), del Tuir, assimila il regime fiscale delle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti) a quello del trasferimento sede. L’assimilazione era stata già riconosciuta dalle Entrate (risoluzione 69/E/2016) rispetto a una fusione per incorporazione di una società lussemburghese in una italiana. Quindi, anche per le operazioni straordinarie, l’entrata avviene a valore di mercato (definito in base al Dm 14 maggio 2018 sui prezzi di trasferimento, tenendo conto per le aziende del valore dell’avviamento) se la società incorporata, scissa o conferente è fiscalmente residente in uno Stato della Ue o in uno Stato white list con scambio di informazioni (Dm 4 settembre 1996). In caso contrario, il valore di mercato va determinato con accordo preventivo ex articolo 31-ter del Dpr 600/73. Senza accordo, il valore di entrata è pari al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore di mercato (per le attività) e al maggiore di questi (per le passività). Per il riconoscimento del valore di mercato non rileva più l’applicazione di una exit tax nel Paese di provenienza. Sempre la risoluzione 69/E ha confermato l’applicazione in entrata del valore di mercato (valore normale nella normativa pre Atad) anche se l’incorporata estera non ha un’azienda ma solosingoli beni (nel caso, partecipazioni in società immobiliari). Peraltro, è possibile che lo Stato di provenienza applichi la tassazione se, come pare verosimile, per effetto della fusione non resta una stabile organizzazione in cui confluiscono i beni detenuti dalla società incorporata (da valutare, peraltro, la possibile esenzione per i maggiori valori delle partecipazioni se nello Stato estero è applicabile la participation exemption).

In caso di fusione (ma anche di altre operazioni straordinarie) si possono creare delle differenze tra valori fiscali italiani (di mercato) e valori fiscalmente riconosciuti del Paese estero nella probabile ipotesi in cui i beni confluiscano in continuità fiscale (senza rivalutazione) nella stabile organizzazione della società italiana in tale Paese.

Per le Entrate (risposte a Telefisco 2019) il valore di mercato va usato anche se inferiore al costo fiscale estero e la minusvalenza non è deducibile ai fini fiscali esteri, con la conseguenza che tale minusvalenza non è fiscalmente riconosciuta né in Italia né all’estero. Il nuovo articolo 166-bis include tra le operazioni straordinarie, oltre alla fusione di una società estera in una italiana, anche la scissione di una società estera a favore di una italiana. È auspicabile che l’applicazione del criterio del valore di mercato sia confermata anche per le scissioni aventi a oggetto singoli beni (partecipazioni, immobili), in linea con quanto prevede la risoluzione 69/E per l’incorporazione di una società che non dispone di un’azienda. Il comma 1, lettera e), prevede infine l’applicazione del criterio in esame quando una società non residente conferisce una stabile organizzazione a favore di una società italiana. Anche in questo caso, è auspicabile che venga confermata l’applicazione della disposizione anche al conferimento di un’azienda situata nello stesso Stato della società conferente (e non solo di una stabile organizzazione estera) e al conferimento di singoli beni.

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