Controlli e liti

Pace fiscale con rebus sulle somme versate a titolo provvisorio

di Alberto Giorgi e Federico Pagani

La scadenza del 31 maggio è dietro l’angolo ma ci sono ancora diverse perplessità sui profili operativi dell’istituto della definizione agevolata della controversie tributarie, introdotto dall’articolo 6 del Dl 23 ottobre 2018, n. 119,
il cosiddetto decreto sulla pace fiscale.
Gli ultimi documenti pubblicati dall’agenzia delle Entrate a commento dell’istituto non hanno chiarito quale dovrebbe essere il trattamento da riservare, in caso di opzione per la definizione agevolata, ai versamenti provvisori effettuati in pendenza di giudizio che non siano stati ancora oggetto di rimborso nonostante il deposito di una sentenza di merito favorevole al contribuente in data precedente al 24 ottobre 2018. Se da un lato, infatti, la disciplina è cristallina nello stabilire che dagli importi dovuti per la definizione delle liti fiscali si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, i chiarimenti delle Entrate tuttavia non affrontano il tema del diritto al rimborso delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

A distanza di poco più di 3 mesi dalla scadenza del termine ultimo del 31 maggio 2019, non sono poche le perplessità circa i profili operativi dell’istituto della definizione agevolata della controversie tributarie, introdotto dall’articolo 6, del Dl 23 ottobre 2018, n. 119 (decreto pace fiscale 2019), convertito dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.
In base all’istituto in esame, il contribuente ha facoltà di definire i giudizi tributari pendenti in cui sia parte l’agenzia delle Entrate, pagando un importo pari al valore della controversia, per tale da intendersi:
•l’ammontare del maggior tributo accertato, senza computo di interessi e sanzioni, in caso di impugnazione riguardante un avviso di accertamento;
•l’ammontare della sanzione irrogata, in caso di atto di irrogazione sanzioni non collegate al tributo.
Il quantum dovuto per la definizione è ridotto rispetto al valore della controversia se alla data del 24 ottobre 2018 l’agenzia delle Entrate risulti soccombente in uno o più gradi di giudizio, in tal caso il valore della lite è ridotto al 40% in caso di giudizio di primo grado favorevole al contribuente, al 15% in caso di vittoria in appello, al 5% se alla data del 19 dicembre 2018 il giudizio pende dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito di due gradi di giudizio favorevoli al contribuente e, infine, al 90% in caso di ricorso pendente in primo grado. Per gli atti relativi alle sanzioni la lite è definita pagando il 15% in caso di esito favorevole di uno o più giudizi di merito e il 40% in tutti gli altri casi.
Gli ultimi documenti pubblicati dalle Entrate a commento dell’istituto tuttavia (si veda “Risposte Agenzia delle Entrate a Telefisco 2019” in speciale Il sole 24 Ore del 31 gennaio 2019 e Provvedimento protocollo n. 39209/2019 del 18 febbraio 2019) non hanno chiarito quale dovrebbe essere il trattamento da riservare, in caso di opzione per la definizione agevolata, ai versamenti provvisori effettuati in pendenza di giudizio che non siano stati ancora oggetto di rimborso nonostante il deposito di una sentenza di merito favorevole al contribuente in data precedente al 24 ottobre 2018.
Se da un lato, infatti, la disciplina in esame risulta cristallina nello stabilire che dagli importi dovuti per la definizione delle liti fiscali si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, altrettanto non pare potersi concludere circa la previsione secondo cui la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché, eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.
Tale disposizione appare, infatti, mal conciliarsi con le ipotesi non infrequenti in cui i versamenti anticipati risultino, alla data del 24 ottobre 2018, ancora trattenuti dall’Amministrazione finanziaria nonostante il deposito di una sentenza favorevole al contribuente. In tale circostanza, infatti, il contribuente avrebbe diritto ad ottenere la restituzione integrale di tutto quanto versato nelle more del giudizio.
Ed allora, nell’ipotesi in cui il contribuente dopo la soccombenza in primo grado sia riuscito ad ottenere una sentenza favorevole in appello prima del 24 ottobre 2018, potrebbe decidere di rinunciare all’istituto in oggetto (nonostante il forte appeal di chiudere la vertenza versando solo il 15% della imposta accertata) a fronte del rischio di vedersi negato il diritto - peraltro già acquisito – di ricevere il rimborso delle somme versate nelle more del giudizio (pari a 2/3 del totale, quindi di gran lunga eccedenti il quantum dovuto per la definizione) e non ancora rimborsate dall’Amministrazione finanziaria.
Si ravvisa, tra l’altro, l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate in occasione della precedente edizione della definizione agevolata delle controversie tributarie, introdotta dall’articolo 11, Dl 24 aprile 2017, n. 50, era quello di ritenere sempre esclusa la possibilità di rimborsare somme già versate che risultino eccedenti rispetto al costo della definizione (circolare 22/E del 28 luglio 2017, paragrafo 4.1).
Appare quindi auspicabile un celere, se non immediato, chiarimento circa la corretta interpretazione del secondo periodo del comma 9 dell’articolo 6, Dl 119/2018 nella parte in cui nega la restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle dovute per la definizione della controversia, onde stabilire se tale previsione possa trovare applicazione anche a quei contribuenti che prima dell’entrata in vigore del decreto pace fiscale 2019 avessero già acquisito il diritto al rimborso dei pagamenti provvisori per effetto di una pronuncia favorevole, ma che non siano stati ancora rimborsati dall’agenzia delle Entrate.

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