Sugli utili da partnership estere non si applica il credito d’imposta
Non applicabilità del credito d’imposta ex articolo 165 Tuir e determinazione netta del reddito attribuito ai soci: questi i capisaldi che emergono dall’innovativa interpretazione fornita dall’amministrazione finanziaria in tema di partnership estere con la
circolare n. 9/E del 5 marzo scorso.
Il recente documento di prassi affronta, tra gli altri, il tema della tassazione degli utili distribuiti da società estere trasparenti a soci residenti in Italia, fornendo una soluzione interpretativa che appare equa sotto il profilo del carico impositivo complessivo.
Prima di affrontare le conclusioni delineate nella circolare, sembra utile ripercorrere brevemente le norme applicabili alla fattispecie in questione.
La partnership costituisce, per lo Stato estero di residenza, un soggetto fiscalmente trasparente, per cui i redditi dalla stessa prodotti vengono imputati ai soci e sottoposti a tassazione in detto Stato a prescindere dall’effettiva percezione. Tale imposizione, verosimilmente, viene riservata anche ai soci della partnership residenti in un diverso Stato (ad esempio persone fisiche o giuridiche residenti in Italia), tassati in base al criterio della fonte del reddito (nel nostro ordinamento, ad esempio, il presupposto impositivo verrebbe assicurato dal disposto dell’articolo 23, comma 1, lettera g, del Tuir).
Questi redditi, percepiti da soggetto residente in Italia, concorreranno poi alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito nel nostro Paese, in base al criterio della world wide taxation.
Per comprendere la categoria reddituale di appartenenza dobbiamo tuttavia considerare il disposto di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del Tuir, in base al quale tutte le società estere sono soggetti passivi Ires, indipendentemente dalla loro natura giuridica. Anche le partnership non residenti sono quindi considerate dal nostro ordinamento tributario soggetti non trasparenti, a differenza delle società di persone residenti e alla stregua, invece, delle società di capitali.
Da ciò deriva che, nel caso in cui percettore sia una persona fisica, tali proventi costituiranno redditi di capitale ex articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir e saranno tassati, in base al criterio di cassa, al momento della percezione. Nel caso in cui, invece, percettore sia una società, gli utili distribuiti concorreranno alla formazione del reddito d'impresa in base al disposto dei commi 2 e 3 dell’articolo 89 del Tuir.
Il sistema così delineato creava, in passato, dubbi circa l’applicabilità del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero. Parte della dottrina riteneva possibile usufruire del credito ex articolo 165 del Tuir con riferimento alle imposte assolte all’estero dal socio in seguito all’imputazione per trasparenza dei redditi della partnership. A ben vedere una simile concessione, pur non infondata stante il dato letterale della norma, poneva delle perplessità in ordine a due questioni:
• il credito sarebbe stato concesso, in relazione a un reddito di capitali, a fronte di un reddito di partecipazione;
• la tassazione complessiva sarebbe risultata eccessivamente vantaggiosa per il contribuente se confrontata con il regime applicabile in caso di partecipazione in società di capitali estere, dove il credito sarebbe stato concesso limitatamente alle ritenute alla fonte applicate sui dividendi distribuiti ma non anche alle imposte sul reddito pagate dalla società.
Dal lato opposto, non concedere alcun credito d’imposta ai soci delle partnership estere in relazione agli utili dalle stesse distribuiti, comporterebbe un eccessivo svantaggio nei confronti delle società estere effettivamente opache. In relazione a queste ultime, infatti, pur non essendo concesso il credito per le imposte assolte dalla società, la tassazione dei dividendi risulta attenuata dal fatto che la base imponibile (poi opportunamente ridotta in caso di esclusione parziale) costituisce una grandezza netta delle imposte pagate dalla società. Ciò che, invece, non avviene nel caso di utili distribuiti dalla partnership, non gravata direttamente da alcuna imposizione.
In quest’ottica la posizione assunta dall’amministrazione finanziaria, pur non direttamente rilevabile da specifiche disposizioni, appare coerente con il quadro impositivo di riferimento. La stessa, con l’obiettivo di assimilare il trattamento fiscale degli utili distribuiti da entità estere trasparenti a quello dei dividendi distribuiti da società estere realmente opache, stabilisce che «le imposte estere pagate dal socio residente sulla quota di utili a lui spettanti sono considerate come imposte pagate dalla società e saranno scomputate, ai fini della tassazione in Italia, dall’ammontare lordo al medesimo distribuito».
Nessun credito d’imposta, quindi, ma tassazione di un reddito netto. Ciò posto, sembra tuttavia possibile ritenere applicabile il credito d’imposta ex articolo 165 del Tuir relativamente alle eventuali ritenute alla fonte che il socio dovesse subire nello Stato estero al momento della distribuzione degli utili.







