Controlli e liti

Cessioni «a catena», azione limitata

di Gianluca Boccalatte

L'accertamento volto a riqualificare come cessione d'azienda, ai fini dell'imposta di registro, una catena di atti registrati uno dopo l'altro deve procedere – a pena di decadenza – entro tre anni dall'ultimo atto della catena. In ogni caso la riqualificazione non può essere effettuata per operazioni poste in essere prima del 2009 e deve, comunque, rispettare le garanzie procedimentali dell'accertamento elusivo. Questi sono i principi stabiliti nelle recenti sentenze 3857/2014, 3858/2014 e 3859/2014 (presidente Pizzo, relatore Moliterni) della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

La fattispecie esaminata dai giudici milanesi riguarda tre atti registrati a circa un mese di distanza l'uno dall'altro, aventi rispettivamente a oggetto: la costituzione della società Alfa; l'aumento di capitale di Alfa, mediante conferimento di un ramo d'azienda da parte del socio unico Beta; la cessione, da Beta alla società Gamma, dell'intera partecipazione di Alfa.

In un primo momento l'agenzia delle Entrate, ritenendo di poter individuare nell'avvicendamento dei tre atti una cessione d'azienda “mascherata” (e, quindi, la sussistenza di un comportamento finalizzato a eludere l'imposta proporzionale di registro), ha emesso un primo atto impositivo, nel quale la base imponibile è stata commisurata al valore di conferimento del ramo d'azienda. Ne è scaturito un contenzioso nel quale l'Agenzia ha perso sia in primo che in secondo grado.

Successivamente, l'amministrazione finanziaria ha emesso un secondo avviso di liquidazione “integrativo”, nel quale ha riproposto la propria tesi sull'elusività dell'operazione, salvo rideterminare il valore del ramo ceduto in misura (maggiore) pari al valore di cessione della partecipazione di Alfa pagato da Gamma.

Nel “nuovo” contenzioso le sentenze della Ctp (favorevoli alle società coinvolte) sono state appellate dalle Entrate, cheperò hanno perso anche in sede di gravame. In seguito la Ctr ha chiarito alcuni principi generali, applicabili ai casi in cui l'amministrazione finanziaria procede alla riqualificazione, ai fini dell'imposta di registro, di uno o più atti in cessione d'azienda. Innanzitutto è inapplicabile la retroattiva dell'istituto dell'abuso del diritto a fattispecie anteriori al 2009, poiché tale istituto, di matrice giurisprudenziale, è stato enucleato solamente nel dicembre del 2008, dalle tre ben note sentenze emesse dalle sezioni unite della corte di Cassazione 30055, 30056 e 30057. Inoltre è obbligatorio, a pena di nullità, il contradditorio preventivo, - anche in caso di contestazione “abusiva” - mediante specifico questionario (cioè negli stessi termini previsti dalla norma antielusiva generale, in base all'articolo 37-bis del Dpr 600/1973. Sono, poi, di natura non abusiva “a priori” le operazioni di conferimento d'azienda e successiva cessione della partecipazione, come specificato dalla norma che esclude profili di elusività in queste fattispecie ai fini delle imposte dirette (articolo 176 del Tuir.

Infine, venendo al caso specifico, la Ctr ha ritenuto fondata la rimostranza delle società in merito alla decadenza dell'azione accertatrice, in quanto esercitata dopo lo scadere del triennio decorrente dall'ultimo atto registrato. I giudici milanesi hanno rilevato che «la Suprema corte di Cassazione, con la sentenza 6835 del 19/2013, ha stabilito che il termine decadenziale per richiedere la maggiore imposta decorre dalla domanda di registrazione dell'ultimo atto dell'unica fattispecie complessa».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©