Professione

Anticorruzione, professionisti contrari all’assimilazione sulla trasparenza

di Mauro Pizzin


L'applicabilità della legge Severino sull'anticorruzione, e quindi delle norme sulla trasparenza previste dal decreto legislativo 33/13, anche ai Consigli degli ordini e ai Collegi professionali, definita dall'Anac con la delibera 145/14 dello scorso mercoledì (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri), ha destato tra i professionisti più di qualche dubbio.
A partire da Marina Calderone, presidente di quel Comitato unitario delle professioni (Cup) che sulla questione aveva inviato un parere pro veritate di segno contrario rispetto all'assimilazione alla stessa Autorità anticorruzione. «Le conclusioni della delibera ci lasciano oltremodo perplessi – sottolinea Calderone –. A suo tempo, avevamo presentato un parere articolato ed esaustivo su tutte quelle che sono le caratteristiche di rilievo degli ordini professionali che ne delineano e ne demarcano la specialità rispetto alle Pa in generale, a partire dal fatto che traggono le loro risorse attraverso l'autofinanziamento degli iscritti. L'assimilazione degli ordini a realtà che ben poco hanno in comune con la nostra situazione non può essere condivisa». La delibera impone il recepimento in tempi stretti di numerose procedure, altro problema di non facile superamento. «Il problema più grosso – evidenzia la presidente del Cup – è per le centinaia di Consigli territoriali, particolarmente quelli di piccolissime dimensioni, che sono già in grandissima difficoltà operativa e non dispongono di risorse economiche sufficienti a implementare le procedure richieste. Queste disposizioni, infatti, ne aggravano la funzionalità. Risulta difficile comprendere quale sia la logica alla base di questo provvedimento. Basti pensare che i Consigli territoriali gestiscono, nella stragrande parte dei casi, poche migliaia di euro di quote degli iscritti».
Per Davide Di Russo, vicepresidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la delibera dell'Anac «nulla aggiunge e nulla toglie agli ordini professionali. Non vi sono dubbi, infatti, che anche il nostro Consiglio nazionale, in quanto ente pubblico non economico nazionale operante sotto la vigilanza dello Stato, vada annoverato tra i destinatari del decreto 33/13. Tuttavia – aggiunge – quanto detto non significa che agli ordini e ai collegi siano, in via automatica, indistintamente applicabili tutti gli obblighi previsti dal decreto in questione». Anche alla luce della delibera 65/13 Civit del 31 luglio 2013, in particolare, l'articolo 14, comma 1, lettera f) del decreto 33/13 - che richiamando l'articolo 2 della legge 441/82 impone di rendere pubblica la situazione patrimoniale degli eletti - per Di Russo non può essere applicato «ai componenti degli ordini e dei collegi in quanto non rientranti tra i soggetti considerati all'articolo 1 della richiamata legge 441/82. Resta inteso - conclude tuttavia - che il Consiglio nazionale, ispirandosi ai principi di trasparenza, pur in assenza di vincolo giuridico provvederà comunque alla pubblicazione dei dati reddituali relativi ai suoi componenti».
Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri e portavoce delle Rete Professioni Tecniche (Rpt), dopo aver ricordato che «a livello di Consiglio abbiamo già diramato a suoi tempo una circolare dando indicazioni sulle modalità d'applicazione del decreto 33/13» ritiene, infine, da parte sua che non ci saranno problemi ad applicare il dettato della delibera Anac «dopo aver fatto, tuttavia, le nostre valutazioni».

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