Imposte

Polizze «unit linked» con meno incertezze

di Antonio Longo

Il sottoscrittore di una polizza unit linked sta concludendo un contratto assicurativo o un investimento finanziario? È una questione che ha creato non poche incertezze. In alcuni casi, questi contratti sono stati considerati negozi con causa speculativa in cui risultava carente la funzione tipica del negozio assicurativo e il cosiddetto rischio demografico, con il conseguente venir meno degli effetti civilistici e dei relativi vantaggi fiscali. La recente evoluzione normativa e giurisprudenziale indirizza il dibattito verso un approdo differente.

Cosa dicono i giudici

L’orientamento giurisprudenziale (peraltro non univoco) secondo cui la spiccata natura finanziaria di alcuni prodotti assicurativi ne comprometterebbe la causa originaria si è sviluppato con particolare riferimento ai contratti sottoscritti prima che le disposizioni del Tuf fossero modificate dalla legge 262/2005 (legge Risparmio) e dal Dlgs 303/2006 (decreto Pinza), con l’espressa introduzione della categoria dei «prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione» (Cassazione 10333/2018). In particolare, le unit linked rientrano tra le polizze di ramo III le cui prestazioni sono collegate al valore di quote di Oicr o di fondi interni ovvero ad altri indici finanziari di riferimento.

Ebbene, la Corte di giustizia dell’Unione europea nel 2018 (causa C-542/16) ha affermato che «per rientrare nella nozione di contratto di assicurazione» di cui all’articolo 2, punto 3, della direttiva 2002/92 (poi modificata dalla direttiva 2014/65) sono necessari il pagamento di un premio da parte dell’assicurato e, in cambio, la prestazione dell’assicuratore in caso di decesso del primo o del diverso evento previsto. È questo il sinallagma assicurativo secondo i giudici comunitari, senza che rilevino valutazioni circa l’allocazione del rischio finanziario sottostante (Cgue C-166-11 del 2012).

Il rischio demografico

Più di recente la Cassazione ha statuito che rientrano senz’altro nell’articolo 1882 Codice civile (nozione di assicurazione) le unit linked che mantengono la componente del rischio demografico; in tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dall’assicuratore all’assicurato, il contratto conserva una causa prettamente assicurativa (Cassazione 6319/2019).

Del resto, anche dalla recente evoluzione della disciplina sovranazionale (Regolamento Priips e Direttiva Idd sulla distribuzione assicurativa attuata in Italia con il Dlgs 68/2018) si evince che un prodotto assicurativo - che, quindi, tale rimane - può includere anche elementi di investimento finanziario; si definisce infatti «prodotto di investimento assicurativo» («insurance based investment product») - categoria che comprende le unit e index linked e le polizze di capitalizzazione - quello che «presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato».

In questo senso si è espressa anche la recente giurisprudenza di merito secondo cui l’assenza di una garanzia di restituzione del capitale non costituisce elemento ostativo alla qualificazione del contratto come assicurativo (Tribunale di Brescia 13 giugno 2018). Va addirittura oltre l’orientamento del Tribunale di Bergamo (sentenza 2426/2019) secondo cui «la sentenza n. 6319/2019 e i due richiamati regolamenti (Isvap 32/09 e 29/09, ndr) nel prevedere l’assunzione del rischio demografico da parte dell’assicuratore quale requisito indefettibile del contratto di assicurazione (in mancanza del quale verrebbe meno la causa propria del contratto stesso), si pongono in contrasto con la normativa e con la giurisprudenza comunitaria».

Il doppio binario

Peraltro, i giudici bergamaschi colgono un altro interessante profilo: recepiscono la tesi secondo cui l’introduzione dell’articolo 25-bis Tuf a opera della legge 262/2005 ha imposto l’applicazione di alcune norme del medesimo Tuf (sui canoni di professionalità e diligenza in capo all’intermediario e sui requisiti di forma dei contratti relativi a servizi di investimento) soltanto nel caso in cui le unit linked siano distribuite dai “soggetti abilitati” come banche e Sim, non trovando, invece, applicazione nel caso di distribuzione da parte di agenti e broker assicurativi. In tal caso, le ramo III rimangono sottoposte alla disciplina propria dei prodotti assicurativi.

Questo “doppio binario” appare peraltro confermato dal Dlgs 68/2018 attuativo della direttiva europea Idd (2017/97), che ha ricondotto tutta la disciplina dell’intermediazione delle unit linked nell’ambito di quella assicurativa soggetta al controllo di Ivass, a ulteriore conferma che i sottoscrittori di queste polizze oggi possono muoversi in un quadro di maggiore certezza.

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