Contabilità

Rischio «demoltiplicazione» sul realizzo controllato

di Paolo Scarioni

La conversione del Dl crescita estende l'ambito di applicazione del regime del cosiddetto “realizzo controllato”, di cui all'articolo 177 del Tuir, anche ai casi di conferimento di partecipazioni non di controllo. Per il nuovo comma 2-bis del citato articolo 177, infatti, il regime trova applicazione anche se ricorrono insieme queste condizioni:

le partecipazioni conferite rappresentano complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% (ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25%) a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni;

le partecipazioni sono conferite in società esistenti o di nuova costituzione interamente partecipate dal conferente.

Relativamente ai conferimenti di partecipazioni detenute in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell'assunzione di partecipazioni (le holding), la nuova norma statuisce che le percentuali di diritto di voto (e di partecipazione al capitale) si debbano riferire a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un'impresa commerciale ai sensi dell'articolo 55 del Tuir, tenendosi altresì conto della demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.

Si osserva, al riguardo, che un'interpretazione puramente letterale della norma ne vanificherebbe quasi completamente gli effetti auspicati (creazione di personal holding da parte di persone fisiche che non possiedono una partecipazione di controllo). Infatti è molto frequente, nell'ambito dei gruppi industriali, trovare per le più svariate ragioni partecipazioni di minoranza che, per effetto della demoltiplicazione della catena partecipativa, non permetterebbero al conferente di raggiungere le soglie richieste. Questo fenomeno si amplifica ulteriormente in presenza di società quotate, sia in ragione della dimensione (ampiezza) dei gruppi cui appartengono che della lunghezza della catena partecipativa che fa capo alla persona fisica.

Tuttavia con un po' di buon senso si può prospettare un'interpretazione che, valorizzando il fatto che sono statuite due differenti percentuali (una – del 2% o del 5% – per le partecipazioni quotate e l'altra – del 20% o del 25% – per quelle non quotate), ritenga applicabile il regime del realizzo controllato quando il soggetto conferente, tenendo conto anche dell'effetto demoltiplicativo, viene a detenere indirettamente almeno il 2% del capitale ordinario della quotata, e ciò a prescindere dalle percentuali da questo detenute nelle sub-holding intermedie.

Tale interpretazione presuppone naturalmente che la verifica dei requisiti minimi partecipativi non debba estendersi a valle della società quotata, posto che, altrimenti, le situazioni cui si applicherebbe il nuovo comma 2-bis si azzererebbero. Resta inteso, da ultimo, che per poter applicare il regime del realizzo controllato la stessa holding oggetto di conferimento e le sub-holding intermedie non devono detenere partecipazioni in società non quotate – poste al di fuori della catena partecipativa che conduce alla società quotata – le quali, tenendo conto dell'effetto demoltiplicativo, non permettano al conferente di raggiungere il 20 - 25% richiesto.

Si consideri il caso di una persona fisica che possiede il 25% di una holding A che a sua volta detiene il 60% di una sub-holding B cui fa capo il 51% della società quotata C. Con l'interpretazione proposta, il conferimento del 25% di A in una newco potrebbe beneficiare del comma 2-bis dell'articolo 177 del Tuir, avendo la persona fisica una partecipazione indiretta nella società quotata C pari al 7,65% e a nulla rilevando che la sua partecipazione indiretta in B (sub-holding) sia inferiore al 20% (cioè il 15%).

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