Imposte

Non solo taglio al cuneo: l’ipotesi di detassare gli aumenti contrattuali

di Giorgio Pogliotti

Detassare dal 2020 gli aumenti salariali dei rinnovi dei contratti nazionali per aumentare le retribuzioni dei lavoratori. Il governo sta studiando l’introduzione di una cedolare secca al 10%, da affiancare al taglio del cuneo fiscale da 2,5 miliardi operativo dal 1° luglio 2020, che diventano 5 miliardi dal 2021. L’obiettivo è quello di amplificare l’effetto della riduzione del carico fiscale sulle buste paga dei lavoratori per dare una spinta ai consumi e contribuire alla ripartenza dell’economia.

L’ipotesi è emersa ieri pomeriggio nelle circa due ore d’incontro con i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil convocati al ministero dell’Economia, alla presenza del sottosegretario Pierpaolo Baretta, affiancato dal capo segreteria Ignazio Vacca, del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo e per una parte della riunione del ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta. In vista della manovra è stata confermata l’entità dell’intervento di taglio del cuneo scritta nella Nota di aggiornamento al Def pari a 0,15 punti percentuali di Pil per il 2020, che nel 2021 saliranno a 0,3, considerati del tutto insufficienti dal sindacati. Dovendo fare questa operazione nel rispetto dei vincoli di bilancio, le risorse sono piuttosto limitate. Di qui la scelta del governo di avviare un approfondimento tecnico sulla proposta dei sindacati di detassare gli aumenti retributivi dei rinnovi dei contratti nazionali che ha il sostegno del ministro Catalfo: «Permetterebbe incrementi più consistenti in busta paga per i lavoratori, alleggerendo allo stesso tempo il costo per le imprese derivante dagli aumenti delle retribuzioni».

In questo contesto, i sindacati potrebbero essere riconvocati al Mef domani, al termine dell’approfondimento dei tecnici del governo che stanno verificando come aumentare il plafond di risorse per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori, per estendere il beneficio anche ad altre fasce di reddito oltre a quella di 26mila euro beneficiaria del bonus Renzi da 80 euro. «Insieme al taglio del cuneo fiscale chiediamo di introdurre una cedolare secca del 10% sugli aumenti dei contratti nazionali - spiega Domenico Proietti (Uil) -. Si tratterebbe di una misura le cui coperture non sono quantificabili preventivamente, perché solo man mano che si procede con i rinnovi si avrebbe un impatto sul gettito. Non servirebbero poste preventive in bilancio e ciò potrebbe facilitare il via libera di Bruxelles». Il problema, sintetizza Gianna Fracassi (Cgil) è che «le risorse preventivate dalla Nadef per il taglio del cuneo non sono sufficienti per fare un intervento tangibile sull’imposizione tributaria che grava sulle retribuzioni dei lavoratori». Sulla stessa linea Ignazio Ganga (Cisl): «Per quello che risulta essere il provvedimento bandiera del governo le risorse non sono sufficienti, per questo abbiamo chiesto una verifica tecnica. L’intervento per ridurre la tassazione sulle retribuzioni è fondamentale per restituire potere di acquisto ai lavoratori e per rilanciare consumi a favore della crescita».

Quanto alle modalità attuative del taglio del cuneo fiscale, saranno individuate in un secondo tempo, in uno dei collegati alla legge di Bilancio che dovrà stabilire se intervenire attraverso il credito di imposta con il beneficio in un’unica tranche o con detrazioni mensili in busta paga.

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