Imposte

La manovra rivede le aliquote per la rivalutazione dei beni

di Francesco Nobili e Andrea Spinzi

La legge di Bilancio 2020 (articolo 1, commi da 696 a 704) proroga ancora la possibilità di rivalutare i beni d’impresa. Alla luce dello scarso interesse suscitato e considerata l’avvenuta riduzione dal 2017 dell’aliquota Ires al 24%, viene ridotta sensibilmente la misura dell’imposta sostitutiva di Ires e Irap (e di eventuali addizionali) al 12% e al 10% (attualmente 16% e 12%), rispettivamente per i beni ammortizzabili e non.

Prima del 2017, infatti, a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva del 16% era possibile ottenere un beneficio pari al 31,4% (Ires 27,5% + Irap 3,9%), con conseguente differenziale positivo del 15,4% (da attualizzare). Dopo tale data il differenziale si è ridotto al 11,9 per cento (27,9 - 16). La nuova norma mira pertanto a riallineare il differenziale, portandolo al 15,9 per cento (27,9 - 12).

Per il resto la nuova rivalutazione dei beni d’impresa non si discosta dalle precedenti e dovrebbero pertanto continuare a valere i chiarimenti forniti.

In particolare, sono ammessi alla rivalutazione le società di capitali e gli enti commerciali residenti nonché, per effetto del rinvio all’articolo 15 della legge 342/2000, anche le società di persone commerciali, le imprese individuali, gli enti non commerciali residenti (per i beni appartenenti all’impresa) e le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti (circolare 14/E/2017).

Per i soggetti solari la rivalutazione ha ad oggetto i beni risultanti dal bilancio 2018 e deve essere eseguita nel bilancio 2019. Possono essere rivalutati i beni d’impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni finanziarie.

Tra i beni d’impresa figurano i beni materiali e immateriali, ad esclusione dei beni merce. La rivalutazione, da annotarsi nel relativo inventario e nella nota integrativa, deve essere effettuata con riferimento a tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea secondo quanto previsto dall’articolo 4 del Dm 162/2001.

Il caso dei beni immateriali

Per i beni immateriali è peraltro consentita la rivalutazione dei singoli beni. L’imposta sostitutiva deve essere versata in un’unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale viene eseguita la rivalutazione (cioè 30 giugno 2020).

Peraltro, la normativa 2020 prevede, per importi complessivi fino a 3 milioni di euro, il versamento in un massimo di tre rate di pari importo e, per importi superiori a 3 milioni, in un massimo di sei rate (comma 701 della legge di Bilancio).

La rivalutazione si perfeziona con l’indicazione nella dichiarazione dei redditi (modello Redditi 2020, relativo al 2019) dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva (circolare 14/E/2017 e Cassazione 32592 del 12 dicembre 2019).

Secondo la stessa circolare, non è possibile effettuare una rivalutazione ai soli fini civilistici (in tal senso anche Ctp Trento, sentenza 7/7/19).

Effetti fiscali differiti

Rimane immutato il principale aspetto negativo che ha fortemente ridotto in passato l'interesse per questa disposizione normativa, ovvero il riconoscimento differito degli effetti fiscali. Infatti, i maggiori valori attribuiti ai beni in sede di rivalutazione si considerano fiscalmente riconosciuti (ad esempio ai fini dell'ammortamento) solamente a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita (cioè dall'esercizio 2022). Invece ai fini realizzativi (ad esempio, cessione) sono riconosciuti solamente a decorrere dal quarto esercizio successivo (dal 2023 per i soggetti solari). Il saldo attivo di rivalutazione, infine, può essere affrancato in tutto o in parte con il versamento di un'imposta sostitutiva del 10 per cento.

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