Controlli e liti

Airbnb, ritenuta a rischio sugli affitti brevi dopo la sentenza della Corte Ue

di Saverio Fossati

Airbnb incassa un buon successo nel lungo braccio di ferro con la legge italiana. La Corte di Giustizia Ue (sentenza di ieri nella causa C-390/18) ha chiarito che in Francia non si può esigere che Airbnb abbia una licenza di agente immobiliare, sia perché non svolge questa attività sia perché questa esigenza non era stata notificata alla Commissione, in conformità alla direttiva sul commercio elettronico.

La sentenza risolve una questione francese, che però ha connotati molto simili alla querelle italiana. In sostanza, in base al Dl 50/2017, le agenzie e i portali definiti come intermediari immobiliari devono operare una ritenuta del 21% su canoni e corrispettivi al momento del pagamento e trasmettere alle Entrate i dati relativi ai contratti. Airbnb ha sempre rifiutato di obbedire, sostenendo, in sostanza, di non essere un intermediario immobiliare e facendo leva anche sul fatto che la norma limita la concorrenza. Sul primo fronte aveva incassato il giudizio sfavorevole del Tar Lazio (sentenza 2207/2019), sul secondo quello (favorevole) dell’Antitrust nel 2017. Il Consiglio di Stato (ordinanza 6219/2019) ha poi rimesso proprio alla Corte di Giustizia Ue la questione della mancata notifica del Dl 50/2017 alla Commissione Ue.

La sentenza di ieri incide su ambedue gli aspetti. La Corte Ue ha sottolineato che il servizio fornito da Airbnb Ireland non è assolutamente indispensabile ai fini della realizzazione di prestazioni di alloggio, posto che i locatari e i locatori dispongono di numerosi altri canali. Quindi non è un intermediario in senso stretto e non esercita un’influenza decisiva sui servizi di alloggio ai quali si collega la sua attività. E ha anche affermato che la norma francese avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione.

Questi principi, se non verranno ribaltati, sono fortemente indicativi di come potrebbe andare il giudizio sulla questione sollevata dal Consiglio di Stato e influenzare pesantemente il suo giudizio in generale.

Corte di giustizia Ue, sentenza C 390/18

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