Adempimenti

Disciplina transitoria per gli impatriati, iscrizione all’Aire senza certezze

di Alessandro Saini

Il decreto crescita (Dl 34/2019), all’articolo 5, potenzia in modo significativo i regimi di favore previsti per i lavoratori impatriati (articolo 16 del Dlgs 147/2015) nonché per i docenti e ricercatori residenti all’estero che rientrano in Italia (articolo 44 del Dl 78/2010). Un corto circuito sulle decorrenze lascia tuttavia nell’incertezza i cittadini italiani fiscalmente residenti all’estero secondo una convenzione contro le doppie imposizioni che, tuttavia, non si sono iscritti o si sono iscritti tardivamene all’Aire.

L’articolo 5, comma 1, lettera d), del DL 34/2019 ha introdotto all’articolo 16 del Dlgs 147/2015, relativo al regime degli impatriati, il comma 5-ter, prevedendo che i cittadini italiani non iscritti all’Aire rientrati in Italia a decorrere dal periodo 2020 (periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019) possono accedere ai benefici fiscali del regime purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni nei due periodi d’imposta precedenti a quello di trasferimento della residenza fiscale in Italia. La disposizione è di particolare interesse in quanto consente di fare chiarezza sul requisito della residenza fiscale ai fini dell’agevolazione, superando l’interpretazione restrittiva dell’Amministrazione finanziaria (in ultimo, si veda la risposta n. 36 del 12 febbraio 2019 ) che, invece, ha sempre escluso dal regime di favore i cittadini italiani che non si sono cancellati dall’anagrafe della popolazione residente o l’hanno fatto tardivamente. Non si può infatti non rievare come le disposizioni domestiche (secondo l’articolo 2 del Tuir, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile) non possano prescindere dalle previsioni convenzionali e, in particolare, dalla tie breaker rules disciplinate dall’articolo 4 del Modello Ocse. Con l’apparente obiettivo di fare chiarezza anche sul passato, il comma 5-ter in commento ha esteso i benefici fiscali, seppur nel testo vigente al 31 dicembre 2018, anche ai cittadini italiani non iscritti all’Aire rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni per il «periodo di cui al comma 1, lettera a)», da considerare anch’esso, con buona probabilità, nella misura previgente che, per manager e lavoratori con elevata qualificazione e specializzazione di cui all’articolo 16, comma 1 del Dlgs 147/2015, corrisponde a cinque (anziché due) periodi di imposta. Ciò con riferimento sia ai periodi d’imposta per i quali sono stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio sia, in generale, per i periodi d’imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all’articolo 43 del Dpr 600/1973. Disposizioni analoghe sono previste anche nel caso del rientro di docenti e ricercatori (si veda il comma 3-ter dell’articolo 44 del Dl 78/2010 introdotto dall’articolo 5, comma 4, lettera b), del Dl 34/2019).

Dubbi sorgono tuttavia con riferimento alla disciplina transitoria. Secondo l’articolo 5, comma 2 del Dl 34/2019, infatti, le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), e d) - ivi compreso, pertanto, il nuovo comma 5-ter dell’articolo 16 del Dlgs 147/2015 che, come visto, interessa anche i cittadini italiani non iscritti all’Aire rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 - si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e, quindi, dal perido di imposta 2020 (previsioni analoghe sono previste anche con riferimento al regime relativo al rientro di docenti e ricercatori dall’articolo 5, comma 5, del Dl 34/2019). La norma non è di certo di immediata interpretazione. Se da un lato, infatti, sembra agevolare anche i cittadini italiani non iscritti all’Aire rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019, purché considerati fiscalmente residenti in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni per i periodi di imposta precedenti, non si comprende come tale disposizione possa applicarsi unicamente «ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto» (e quindi dal 2020). Se infatti l’obiettivo è quello di fare luce sul requisito della residenza fiscale estera, correttamente collegandolo alle previsioni convenzionali, la norma dovrebbe estendersi a tutti i periodi di imposta pregressi non ancora definiti. Andrebbe inoltre riconsiderata anche la disposizione che nega il rimborso delle imposte già versate in adempimento spontaneo con riferimento ai periodi di imposta precedenti in quanto andrebbe ingiustamente a colpire tutti quelli che, pur avendone diritto, hanno rinunciato ad avvantaggiarsi del regime di favore proprio sulla base della prassi dell’Amministrazione finanziaria. È auspicabile che i lavori di conversione del decreto crescita pongano fine a tali incertezze.

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