Contabilità

Holding alla prova dell’imponibile Ires

di Marco Piazza

Nonostante il nuovo articolo 162-bis del Testo unico delle imposte sui redditi abbia in gran parte realizzato l’intento di fornire una precisa definizione fiscale del concetto di «società di partecipazione», ci sono ancora casi di difficile inquadramento.

Per le holding, l’incertezza non impatta solo sugli obblighi di comunicazione all’Archivio dei Rapporti con operatori finanziari (articolo 10, comma 10, del decreto legislativo 141/2010), ma anche – e questo è più grave – sulla determinazione il reddito imponibile Ires e del valore della produzione Irap.

Il nuovo articolo 162-bis individua varie categorie di holding:

a) le holding considerate «intermediari finanziari» definite:

dal comma 1, lettera a, n. 1), le capogruppo di banche di gruppi bancari, di conglomerati prevalentemente bancari, di Sim nonché di società o gruppi che svolgono attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico iscritte all’albo di cui all’articolo 106 del Testo unico bancario (comma 1, lettera a), n. 1);

dal comma 1, lettera a) n. 4), i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari, diversi da quelli di cui al n. 1) della lettera a) sopra elencati;

b) le «società di partecipazione finanziaria» definite dal comma 1, lettera b) «i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari»;

c) le «società di partecipazione non finanziaria», definite dal comma 1, lettera c) «i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari».

Molti hanno notato che la definizione contenuta nel numero 4) della lettera a) è identica a quella contenuta nella successiva lettera b). Entrambe riguardano «i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari», tanto che una delle due definizioni pare pleonastica.

Inoltre, la definizione di «società di partecipazione finanziaria» pare inutile anche perché non è richiamata da alcuna altra norma fiscale. Sia le disposizioni del Testo unico (articoli 96, 103 e 113), sia quelle dell’Irap (articoli 6 e 16, comma 1-bis) sia l’articolo 1, comma 65, della legge 208/2015 sulla maggiorazione dell’aliquota Ires del 3,5% si limitano a fare riferimento, a secondo dei casi, agli «intermediari finanziari» e alle «società di partecipazione finanziaria e assimilati». Quindi la definizione di società di partecipazione finanziaria sembra appesa al nulla.

Questa apparente contraddizione è causata da una modifica introdotta nel testo finale del decreto legislativo rispetto allo schema di articolato. La versione finale della relazione illustrativa, in proposito afferma che la modifica è volta «a chiarire che tra le società di partecipazione finanziaria rientrano le holding bancarie e le holding finanziarie, già comprese, peraltro, tra i soggetti qualificati intermediari finanziari di cui al comma 1, lettera a), numeri 1) e 4), dell’articolo 162-bis del Tuir ai quali si applicano disposizioni fiscali specifiche».

In sostanza le società di partecipazione finanziaria sono, agli effetti fiscali, «intermediari finanziari» anche se non redigono il bilancio con gli schemi elaborati dalla Banca d’Italia per gli intermediari finanziari ai sensi del Dlgs 136/2015.

Anche se attraverso un ragionamento un poco tortuoso si può, quindi, giungere alla seguente conclusione:

le capogruppo di banche, di Sim e società di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui all’articolo 162-bis, comma 1, lettera a), n. 1) – tenute a redigere il bilancio secondo gli schemi di Banca d’Italia – sono sempre intermediari finanziari a prescindere dal fatto che il loro attivo sia o meno prevalentemente investito in partecipazioni (si veda Assonime, circolare 16 del 2019, pag. 34 e 37);

i soggetti – individuati dall’articolo 162-bis, comma 1, lettera a), n. 4 e dalla successiva lettera b) – che, pur non essendo “capogruppo”, detengono partecipazioni in banche, Sim e società di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico, nonché quelli che detengono partecipazioni di controllo o non di controllo in altri «intermediari finanziari» (Sgr, Imel, Idp, operatori del microcredito e dei confidi minori) sono considerati intermediari finanziari se esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari, anche se non redigono il bilancio secondo gli schemi della Banca d’Italia;

i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari, sono considerati – dalla successiva lettera c) del comma 1 – «società di partecipazione non finanziaria» e sono tassati come le imprese industriali e commerciali con la particolarità che il valore della produzione comprende gli interessi attivi e passivi (articolo 6, comma 9, del decreto Irap) e che possono subire (in funzione del codice Ateco di pertinenza) l’applicazione della maggiorazione Irap di cui all’articolo 16, comma 1-bis, del decreto stesso.

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