Imposte

Revoca della vendita con aliquota al 3%

di Alberto Giorgi, Federico Pagani

In caso di vendita revocata di un immobile a beneficio di una curatela, l’imposta sulla registrazione della sentenza è dovuta in misura proporzionale del 3% e non nella misura più elevata del 9 per cento. A dirlo è la sentenza 4258/2019 del 14 ottobre 2019 la Sezione 3 della Ctp Milano (presidente Locatelli, relatore Chiametti).

In linea con quanto già affermato dalla Cassazione con l’ordinanza 16814/2017 e nel solco del prevalente orientamento di legittimità (si vedano, tra le altre, 4537/2009, 21160/2005 e 17584/2012), la Ctp ha stabilito che la revocatoria fallimentare possiede caratteristiche, ma soprattutto effetti, nettamente diversi dalle sentenze di nullità o annullamento di un atto (per la cui registrazione è invece prevista l'imposta di registro in misura fissa, ex articolo 8, lettera e) della Tariffa parte prima del Tur). In caso di revocatoria fallimentare, secondo i giudici, non opera alcuna caducazione dell’atto impugnato, il quale resta in vita benché privo di effetti nei confronti del fallimento e della procedura esecutiva, con la conseguenza che le restituzioni che ne seguono non comportano il ripristino di una situazione preesistente bensì un vero e proprio trasferimento di ricchezza in favore del fallimento.

Si ricorda, in generale, che l’azione di revocatoria fallimentare può essere richiesta al fine di ottenere una dichiarazione di inefficacia verso il fallimento degli effetti derivanti dagli atti giuridici disposti dal debitore sottoposto a tale procedura, con lo specifico fine di ricostruire l’attivo fallimentare a soddisfacimento della platea dei creditori.

In contrapposizione all’orientamento prevalente, con l’ordinanza 31277 /2018 la Cassazione stabiliva l’applicabilità dell’imposta di registro in misura fissa nel caso di una sentenza di revocatoria fallimentare relativa a una cessione di immobili che, oltre a dichiarare l’inefficacia dell’atto nei confronti della massa dei creditori, aveva anche condannato l’acquirente alla restituzione del bene. In tale contesto, la Cassazione ha ritenuto che l’esperimento dell’azione revocatoria fallimentare non determinasse alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del disponente, né alcun effetto traslativo nei confronti dei creditori, bensì soltanto l’inefficacia dell’atto rispetto ai creditori procedenti. Il provvedimento, in questo caso, poteva ritenersi assimilabile a una sentenza dichiarativa di nullità di un atto.

Dato l’attuale contrasto giurisprudenziale sulla questione, sarebbe auspicabile un definitivo chiarimento da parte delle Sezioni unite sul punto.

Ctp Milano 4258/3/2019

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