Imposte

VERSO LA MANOVRA / Buco nero dell’Iva: il governo ora tenta l’attacco

di Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

Con l’addebito in bolletta non c’è più neanche l’alibi del canone Rai, che per anni ha detenuto il record del tributo con la più alta «propensione al gap» (leggi: evasione fiscale), oltre il 36 per cento. Ora l’Iva è a tutti gli effetti la primatista dell’economia sommersa: sia per l’imposta evasa (37,2 miliardi di tax gap stimati nel 2017), sia per l’incidenza dei mancati versamenti rispetto al potenziale (27,4% di propensione al gap). Come dire che, ogni 100 euro di Iva teoricamente dovuta dai contribuenti italiani, quasi 30 si perdono tra operazioni non fatturate, frodi e omessi versamenti di imposte comunque dichiarate.

Ecco perché il contrasto all’evasione Iva è un capitolo cruciale nella strategia anti-sommerso del governo. Che fa leva anche sulla fatturazione elettronica “a tappeto” tra privati, scattata dal 1° gennaio scorso. E che guarda già all’obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi (scontrini e ricevute fiscali) a partire dal 2020.

L’obiettivo per l’anno prossimo, d’altra parte, è ambizioso: recuperare 7,2 miliardi di imposte (non solo Iva, ovviamente) per tenere in equilibrio la manovra finanziaria.

Dagli scontrini allo split payment

Il decreto fiscale – atteso oggi in Consiglio dei ministri – potrebbe contenere alcune disposizioni sull’Iva. Ma bisognerà comunque valutare il pacchetto complessivo della manovra per il 2020.

Confermato l’invio dei corrispettivi, potrebbero arrivare sanzioni fino a 2mila euro per i commercianti che non accetteranno il codice fiscale dei clienti intenzionati a partecipare alla lotteria degli scontrini (prevista, anch’essa, dal 2020).

Poche chance di revoca anche per lo split payment, meccanismo in base al quale la pubblica amministrazione e altri soggetti (come le società quotate in Borsa) pagano i propri fornitori al netto dell’Iva, prevenendo così il rischio di omesso versamento. Confindustria e il Consiglio nazionale dei commercialisti ne hanno chiesto l’eliminazione, ma il Fisco ha replicato che i suoi risultati sono «brillantissimi». In particolare, nel 2018 i soggetti obbligati allo split payment hanno riversato all’Erario 12,1 miliardi al lordo dei crediti d’imposta maturati dai fornitori sui propri acquisti (non è un caso che dal 2015, anno dello split payment, lo stock dei crediti Iva sia cresciuto di oltre 5 miliardi fino ai 40,6 del 2017).

Non è escluso, comunque, che in manovra possa trovare spazio qualche correttivo. Ad esempio, con una revisione del perimetro che lo riporti a quello originario, limitato alla Pa. Anche perché il via libero europeo allo split payment scade il 30 giugno 2020 e dovrà essere rinnovato.

La sfida impossibile al tax gap

Al di là degli obiettivi, il tax gap si è dimostrato finora difficilissimo da scalfire. Secondo la Relazione del Mef sull’evasione, l’Iva evasa non è mai scesa sotto i 34,9 miliardi, con un’incidenza sempre oltre il 2% del Pil, tra il 2012 e il 2017. È inoltre cresciuto il peso degli omessi versamenti su operazioni regolarmente fatturate: un dato da ricollegare - probabilmente - alla crisi di liquidità delle imprese e all’innalzamento delle soglie di rilevanza penale degli omessi versamenti (in vigore dal 22 ottobre 2015).

Il monitoraggio sul tax gap non copre ancora l’operazione “e-fattura tra privati” avviata nel 2019 né il serrato monitoraggio delle liquidazioni periodiche, conseguente all’invio dei dati all’Agenzia. Ma i report mensili sulle entrate registrano un aumento del gettito da Iva sugli scambi interni di 1,9 miliardi (+2,6%), tra gennaio e agosto, rispetto allo stesso periodo del 2018.

Sono però numeri da prendere con le molle: dopo il balzo del primo semestre, a luglio il gettito mensile anno-su-anno è rimasto stabile, mentre ad agosto è sceso di 196 milioni. Qualcuno paventa la fine dell’effetto e-fattura; altri incolpano il calo dell’economia. La relazione del Mef stima per i primi sei mesi di quest’anno un maggior gettito da 0,9 a 1,4 miliardi attribuibile alla fattura elettronica. Resta da vedere se e come proseguirà il trend, ricordando che dalla e-fattura per il 2019 sono attesi (e contabilizzati) 2 miliardi in più.

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