Professione

Blockchain, un archivio da utilizzare con ingegno

di Dario Deotto

La tecnologia non sostituisce l’uomo, ma lo rivela, e questo vale senz’altro anche per i professionisti.

Il timore diffuso è che le macchine, in particolare le intelligenze artificiali, sostituiranno il lavoro umano, e quindi anche quello di molti professionisti (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, e molti altri). Certamente, le intelligenze artificiali avranno (hanno) un ruolo determinante nell’evoluzione delle attività professionali. Ma si tratta, appunto, di un’evoluzione: le AI permetteranno (permettono) di sostituire molte delle attività ripetitive negli studi, così da consentire al professionista di riprendersi il proprio ruolo “intellettuale”, di considerare nuove prospettive.

Perché sì, questa fase – conseguente al preponderante dominio della tecnica – è estremamente interessante e fervida sotto vari aspetti, a patto di tornare ad essere pensanti (e le macchine che sostituiranno l’uomo nelle attività ripetitive consentiranno proprio all’uomo, avendo più tempo, di tornare ad essere anthrophos – letteralmente “guardante in alto”). Chiaramente, non è sempre facile comprendere le varie opportunità che si presentano anche perché a volte il rischio è quello dell’«abuso della novità».

In quest’ottica, ad esempio, la sensazione che si ha è che il fenomeno blockchain venga, appunto, un po’ troppo abusato. Certamente la blockchain – nella sua reale “essenza” di libro giornale decentralizzato con caratteristiche di immutabilità del dato, garanzia di accesso, trasparenza ed eliminazione del bisogno di un intermediario – può portare a creare nuovi modelli di business, nuove prospettive e, quindi, alla nascita di nuovi affascinanti progetti imprenditoriali. Le prospettive possono essere davvero molte.

Tuttavia, per comprendere a cosa serve davvero la blockchain, occorre partire da un concetto base, ossia capire quali informazioni ha senso memorizzare in essa, come possono essere memorizzate e soprattutto da dove nascono.

Ed è proprio quest’ultimo il punto (da dove nascono) fondamentale: è da ritenere che la blockchain abbia un senso quando il dato nasce all’interno della stessa blockchain; negli altri casi è davvero dubbia la sua utilità. Così che per le attività professionali non si individuano – oggi - degli utilizzi ragionevoli.

Invece, le attività professionali verranno praticamente “travolte”- come si diceva - dalle intelligenze artificiali (contabilità, bilanci, redazione degli atti). Non si deve pensare, però, ad un ruolo subalterno del professionista rispetto alle AI. Tutt’altro. Si deve pensare ad una costante interazione tra uomo e macchina. Si pensi a tutte le banche dati: avere tanti dati che non “dialogano” tra di loro significa avere, di fatto, nessun dato. Tuttavia, una rielaborazione dei dati della giurisprudenza potrebbe, ad esempio, guidare ad una funzione “predittiva” del processo. Questo sia per i difensori (avvocati, commercialisti) che per i giudici stessi.

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