Controlli e liti

La cessione al soccidante è soggetta al prelievo dell’Iva

La sentenza della Ctp di Ancona sul trattamento fiscale nell’allevamento di bestiame

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di Giorgio Gavelli

La cessione della quota parte degli animali acquisiti dal soccidario è soggetta a Iva anche se il cessionario è lo stesso soccidante. Lo ha precisato la Commissione tributaria provinciale di Ancona, con la sentenza 558/02/2019 (presidente Ciocchetti, relatore Gasperi) depositata lo scorso 23 dicembre. La questione verteva sulla possibilità di assoggettare a Iva la vendita degli accrescimenti spettanti al soccidario, se effettuata nei confronti del soccidante.

I giudici marchigiani hanno esaminato in premessa la natura del contratto di soccida che, in base agli articoli 2170 e seguenti del codice civile, è suddiviso in tre tipologie: la soccida semplice, la soccida parziale e con conferimento di pascolo. Si osserva, per inciso, che la Commissione tributaria di Campobasso con decisione 209/2018 ha individuato la fattispecie della “soccida industrializzata”, ma si tratta di un istituto giuridico inesistente.

Il caso esaminato dalla commissione di Ancona è quello della soccida semplice, in cui una parte, denominata soccidante, ha conferito i pulcini e il mangime affinché il soccidario provvedesse all’allevamento; alla fine del ciclo le parti suddividono gli utili e gli accrescimenti. Gli utili e accrescimenti vengono determinati mediante apposito verbale redatto dalle parti. La quota spettante al soccidario viene convertita in un numero di animali che il soccidario può prelevare o in alternativa, a sua scelta, può rinunciarvi optando per la monetizzazione. In questo ultimo caso la quota di denaro non è soggetta a Iva come ribadito dal ministero delle Finanze con circolare 32/1973, con risoluzione 504929/1973 e in altri documenti di prassi.

Nella fattispecie oggetto di contenzioso presso la commissione di Ancona il soccidario aveva acquisto la sua quota di animali e l’aveva ceduta, fatturandola con applicazione dell’Iva, direttamente al soccidante. Ciò, secondo l’Agenzia non sarebbe stato corretto, in quanto il regime naturale avrebbe dovuto essere quello della monetizzazione. Il tentativo della Agenzia di riconsiderare l’operazione fuori campo Iva è motivato dall’intento di negare il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti dal soccidario, che non sarebbe stato legittimo in presenza di operazioni fuori campo Iva.

La commissione, invece, ha annullato l’avviso di rettifica, ribadendo che il regime naturale del contratto di soccida è l’acquisizione da parte del soccidario di una parte degli animali come prevede l’articolo 2170 del Codice civile.

La sentenza evidenzia il particolare meccanismo del contratto di soccida, in base al quale il soccidario per effetto della attività di allevamento acquisisce degli animali a fine ciclo senza averli mai acquistati poiché questo è nella natura di tale rapporto associativo. Quindi, il soccidario diviene proprietario della sua quota di accrescimenti al termine del ciclo e, in quel momento, acquisisce il diritto di disporne, vendendola al soccidante o a terzi.

La procedura della monetizzazione, infatti, è solo una facoltà e non un obbligo, come è dimostrato dal comportamento costante del soccidario che ha fatturato la sua quota di accrescimenti assoggettandola a Iva. E questo è stato ritenuto perfettamente regolare.

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