Controlli e liti

Donazione a 87enne: il Fisco non può tassarla come rendita

di Alessia Urbani Neri

L’atto di donazione di denaro sottoposto a imposta di registro, riqualificato dall’agenzia delle Entrate come costituzione di rendita vitalizia, dev’essere valutato secondo l’intenzione delle parti come emergente dall’atto stesso, senza alcun riferimento a eventuali negozi giuridici ad esso collegato o ad altri elementi e dati extratestuali. È quanto afferma la sentenza 55/4/19 la Ctp di Brescia (presidente e relatore Macca), seguendo la nuova formulazione dell’articolo 20 del Dpr 131/86 come modificato dall’articolo 1, comma 87, lettera A, della legge 205/17 (legge di Bilancio 2018), dichiarata norma interpretativa dalla legge 145/18 (legge di Bilancio 2019).

Il collegio ha respinto l’interpretazione del contratto resa dall’amministrazione, vista la mancanza dei requisiti di incertezza obiettiva di vita del beneficiario, all’epoca 87enne, e la sproporzione tra il valore delle prestazioni dovute rispetto al cespite ceduto, che escludevano l’esistenza di un’alea propria del contratto di vitalizio. La Ctr, in particolare, è giunta a questa decisione interpretando unicamente la volontà delle parti come risulta dall’atto soggetto a registrazione, superando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il Fisco, ai fini dell’imposta di registro, può riqualificare un atto sulla base della causa concreta perseguita dalle parti, valutando anche ulteriori accordi ed elementi esterni, purché connessi o correlati. In effetti, l’articolo 20 del Dpr 131/86 nella precedente versione, per cui l’imposta di registro viene applicata «secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione», poteva far sorgere dei dubbi interpretativi laddove il legislatore faceva richiamo agli atti portati alla registrazione e non al singolo «atto presentato alla registrazione», come risulta nella formulazione odierna dell’articolo.

Ad oggi, quindi, dato il carattere interpretativo della norma, l’applicazione del divieto di utilizzo di dati extratestuali opera retroattivamente in tutti i giudizi in corso, anche quelli in sede di rinvio e, a livello amministrativo, in tutte le procedure di controllo fiscale degli atti soggetti a registrazione.

La Cassazione, peraltro, con ordinanza 23549/2019 ha dichiarato rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20 del Dpr 131/86 nella sua nuova formulazione, ritenendo che limitare il controllo dell’ufficio fiscale al solo negozio giuridico soggetto a registrazione, anziché agli atti ad esso funzionalmente collegati, violerebbe gli articoli 53 e 3 della Costituzione, trattando in modo diverso situazioni che di fatto sono espressione della medesima forza economica. Tutto ciò - sostiene la Corte - data la natura dell’imposta di registro non più come tassa per il servizio di registrazione, bensì come tributo sulla “ricchezza” espressa dall’atto; la capacità contributiva, quindi, non cambierebbe se le parti regolamentano i loro interessi con un solo atto oppure con più atti collegati.

Ad ogni buon conto, in attesa del verdetto della Consulta, nel qualificare l’atto, il Fisco dovrà considerare unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso, prescindendo da quelli extratestuali.

Ctp Brescia 55/4/2019

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