Controlli e liti

La lista Falciani obbliga alla prova

Va giustificato il divario tra il denaro all’estero e quello fatto rientrare

di Patrizia Maciocchi

Via libera all’accertamento se il contribuente non giustifica la differenza tra il denaro detenuto nella banca estera a fiscalità privilegiata, secondo quanto risulta dalla cosiddetta lista Falciani, e l’entità delle somme fatte rientrare con lo scudo fiscale. La Corte di cassazione, con la sentenza 4984/2020, precisa che l’onere della prova grava sul contribuente e non sul Fisco. E l’amministrazione finanziaria, come già chiarito con le ordinanze gemelle del 2015 (8605 e 8606), può fondare la sua pretesa anche «su un unico indizio, se grave e preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica».

Nello specifico la Cassazione non prende per buona la spiegazione, che aveva invece convinto la Ctr, secondo la quale il divario tra importo accertato e quello “scudato” era la conseguenza della cospicua riduzione dell’originario valore di acquisto unitario delle azioni Telecom Italia ordinarie, rispetto alla quotazione di mercato all’epoca del rientro. Né, vista la notevole divergenza tra i due importi, sono convincenti i pretesi errori di calcolo commessi dai verificatori. Per la Suprema corte manca la prova che le attività estere accertate fossero, anche in astratto, riferibili a quelle emerse.

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