Adempimenti

Appalti, rivolta delle imprese contro la stretta sulle ritenute

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Già la chiamano “norma blocca appalti”. Non è ancora entrata in vigore ma la stretta sui versamenti delle ritenute applicata alle imprese appaltatrici e subappaltatrici ha allarmato l’intero mondo produttivo. In una lettera inviata al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, mercoledì scorso, Confindustria, Ance, Abi, Assonime e Rete imprese Italia che raggruppa le cinque categorie di artigiani e commercianti, hanno lanciato l’allarme sulle conseguenze che le imprese potranno subire soprattutto sul piano finanziario con una evidente sottrazione di liquidità per il pagamento al committente delle ritenute. Un adempimento, ricordano le imprese nella lettera inviata a Gualtieri, che oggi avveniva con la compensazione di crediti fiscali.

Nella nota indirizzata al titolare di Via XX Settembre, le imprese manifestano tutte le loro preoccupazioni per la norma in base alla quale «in tutti i casi in cui un committente affidi ad un'impresa l'esecuzione di un'opera o di un servizio, il versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti impiegati nell'appalto, debba essere effettuato direttamente dal committente stesso». Questo fa sì, come ricorda la lettera, che «l'appaltatore o subappaltatore dovrà fornire la provvista finanziaria necessaria al versamento, nonché i dati utili all'identificazione del personale, o, in alternativa, chiedere di compensare tali importi con i corrispettivi fino a quel momento maturati». Ma non solo, perché le imprese appaltatrici e subappaltatrici non possono compensare «crediti verso l'Erario con i debiti fiscali e contributivi, senza che sia preventivamente provata dall'Amministrazione finanziaria alcuna violazione fiscale a loro carico».

Una misura che comporta nuovi e complessi oneri secondo le associazioni perché « delinea una complessa procedura di comunicazione tra l'impresa committente e le imprese appaltatrici e subappaltatrici, nonché l'agenzia delle Entrate».

Un onere che però appare «sproporzionato» rispetto al recupero di risorse che la relazione tecnica attribuisce alla norma: «Circa 71 milioni di euro - come si fa notare nella lettera - che ben potrebbero essere recuperati da altre poste del bilancio pubblico, senza ricorrere ad un aggravio nella gestione amministrativa delle commesse che potrebbe paralizzare l'esecuzione dei contratti e frenare l'attività economica del Paese».

Del resto, viene ricordato come una norma simile contenuta nel decreto Visco-Bersani era stata poi abrogata dal Dlgs 175/2014 «perché nel tentativo, condivisibile, di contrastare l'evasione fiscale, con particolare attenzione al fenomeno dell'utilizzo di lavoratori in nero, la norma finiva per porre dei pesanti oneri amministrativi sulle imprese “oneste”, senza riuscire a contrastare efficacemente tali fenomeni evasivi».

E anche in questo caso si chiede un «necessario ed urgente un tempestivo ripensamento sulla misura da parte del Governo, che ne eviti del tutto l'approvazione definitiva e la conseguente entrata in vigore, al fine di salvaguardare l'operatività di interi settori dell'economia nazionale».

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