Adempimenti

I commercialisti: troppi limiti sulle compensazioni

di Federica Micardi

Il contrasto alle indebite compensazioni e le nuove norme su appalti e subappalti sono due norme che, secondo i commercialisti, rischiano di fare più male che bene. L’allarme è stato sollevato ieri dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, rappresentato dai consiglieri Maurizio Postal e Gilberto Gelosa, ascoltato in audizione alla Camera in Commissione finanze sul decreto fiscale.

«Estendere i limiti alla compensazione, ora previsti per l’Iva, alle imposte dirette – spiegano Postal e Gelosa – rischia di diventare per i professionisti un prestito forzoso». Il problema nasce perché la dichiarazione dei redditi, per legge, non può essere presentata prima del mese di maggio dell’anno successivo a quello di riferimento, per i soggetti Isa, inoltre, è necessario anche allegare la relativa dichiarazione, obbligo che allunga ulteriormente i tempi e allontana le compensazioni.

La categoria propone di consentire la compensazione dei crediti anche prima della presentazione della dichiarazione prevedendo un visto di conformità “anticipato” rispetto alla presentazione della dichiarazione. Anche se l’ideale sarebbe escludere del tutto i lavoratori autonomi, soggetti ad Isa e a ritenute d’acconto Irpef del 20% sui compensi lordi.

L’altra norma che preoccupa molto i commercialisti è l’articolo 4, intitolato «Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti e reverse charge manodopera» ,«un sistema cervellotico – commentano Postal e Gelosa – che spacca il mercato in due e mette una barriera burocratica all’accesso di imprese di nuova costituzione». Ma non è tutto, i commercialisti evidenziano anche un rischio concorrenziale perché si mette l’appaltatore nelle condizioni di dover consegnare alla controparte contrattuale buona parte del suo business plan.

Tra gli altri aspetti del decreto fiscale messi sotto osservazione dai commercialisti ci sono il limite al contante – la cui efficacia secondo i commercialisti è tutta da dimostrare –; la sanzione in caso di mancato uso del pos, che prevede un obolo fisso di 30 euro più il 4% del valore dell’operazione, considerata «sproporzionata».

La categoria si appella poi al legislatore chiedendo di non legiferare sulla materia penale attraverso un decreto (a cui si dovrebbe ricorrere in situazioni di gravità e urgenza). Qualora ciò non fosse possibile chiedono, in subordine, di «espungere tutte le modifiche che attengono alle soglie di punibilità, il cui abbassamento è palesemente controproducente in termini di efficacia dell’azione penale, tanto più se l’obiettivo è quello della cosiddetta grande evasione».

In merito alla stretta sulle compensazioni anche il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro si è detto molto preoccupato e ha chiesto al legislatore di escludere da questa “novità” i redditi da lavoro autonomo. Pollice verso dei consulenti anche per la norma sugli appalti, che propongono di depennare, perché «fa ricadere sulle imprese oneri amministrativi non proporzionati rispetto all’intento prefissato».

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