Professione

Dal 2020 i Pir cambiano target di investimento

di Marco Piazza e Roberto Torre

Per i piani di risparmio a lungo termina (Pir) costituiti dal 1° gennaio 2020 è venuto meno l'obbligo introdotto dalla legge di bilancio per il 2019, di investire in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese (Pmi) e in quote o azioni di fondi di venture capital (Fvc) che investono prevalentemente in Pmi non quotate (articolo 13-bis del Dl 124 del 2019).

L'intervento si è reso necessario in quanto i vincoli imposti nel 2019 sono risultati incompatibili con i requisiti di liquidabilità e di valutazione richiesti per i fondi comuni aperti che sono stati – fino al 2018 - i principali strumenti d'investimento utilizzati nella costituzione di Pir, poiché dotati di profili di rischio e liquidità particolarmente adatti alla tipologia di investitori (ossia le “famiglie”) a cui si rivolgono i piani. Assogestioni, con la circolare 91/19/C, illustra le principali novità delle nuove disposizioni.

La condizione che per almeno due terzi dell'anno il 70% del patrimonio sia investito direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non quotati, di imprese residenti in Italia o in Stati Ue o See con stabile organizzazione nel territorio dello Stato non muta.

L'articolo 13-bis ha invece rimodulato i vincoli di investimento del patrimonio investito in un Pir, prevedendo che almeno il 25% della quota del 70% sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle comprese nell'indice Ftse Mib della Borsa italiana o in indici equivalenti (imprese «non Ftse Mib”) ed un ulteriore 5% (sempre del 70%) sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse anche da quelle comprese nel Ftse Mid Cap della Borsa italiana o indici equivalenti (imprese “Non Ftse Mib e Mid Cap”).

Restano ferme le altre previsioni previste dalla legge di Bilancio 2017, ossia:

il “limite di concentrazione” di cui al comma 103 dell'articolo 1 della legge 232 del 2016: non oltre il 10% del valore complessivo del Pir può essere investito in strumenti finanziari di uno stesso emittente o in depositi e conti correnti;

il divieto, di investimento in strumenti finanziari di soggetti residenti in Stati non “collaborativi” (comma 105);

il divieto di investire in partecipazioni qualificate in base al comma 100 e strumenti finanziari i cui redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell'investitore;

il divieto – previsto dalla circolare 3/E del 2018 - di stipulare contratti derivati nell'ambito di un Pir, salvo nel caso di investimento tramite Oicr Pir compliant nell'ambito della quota “libera” del 30% e unicamente a “scopo di copertura” dei rischi degli investimenti qualificati).

I nuovi vincoli d'investimento operano per i Pir costituiti dal 1° gennaio 2020. Tuttavia – come spiega Assogestioni – nulla vieta agli investitori che abbiano aperto un Pir prima di adeguarsi ai nuovi vincoli di investimento disposti dall'articolo 13-bis del Dl 124 del 2019, fermo restando il rispetto dei vincoli stabiliti dalle “precedenti” normative vigenti in funzione dell'anno di costituzione del piano stesso.

Nella pratica, un Oicr “Pir compliant” in base alla disciplina vigente fino al 2018 può, con una semplice modifica della politica d'investimento prevista dal regolamento, essere utilizzato anche per piani costituiti dal 2020.

Assogestioni, infine, mette in rilievo due importanti previsioni contenute nell'articolo 13-bis.

In primo luogo viene fatto notare che l'articolo 13-bis, comma 2 fa espressamente riferimento all'investimento in strumenti finanziari «qualificati» effettuato «direttamente o indirettamente». Il riferimento all'investimento «indiretto» è sostanzialmente volto a dare rilevanza, anche ai fini normativi, al principio del «look-through» contenuto nelle linee guida del Mef (paragrafo n. 5.4.) e nella circolare 3/2018 dell'agenzia delle Entrate (paragrafo 7.1.1). In applicazione di tale principio, gli Oicr possono considerare «investimenti qualificati» ai fini della normativa Pir anche quelli effettuati indirettamente per il tramite di altri Oicr «non-Pir compliant».

In secondo luogo è data la possibilità agli enti di previdenza obbligatoria e alle forme pensionistiche complementari di essere titolari di più Pir presso intermediari diversi, in deroga al principio di “unicità” del piano previsto per le persone fisiche.

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