Imposte

Sportivi e procuratori pesano il bonus per gli impatriati

di Gianfranco Ferranti e Emanuele Tito

Il decreto crescita (Dl 34/2019) ha reso meno conveniente il regime dei cosiddetti impatriati per gli sportivi professionisti, e la nuova disciplina – contenuta nell’articolo 16, commi 5-quater e 5-quinquies del Dlgs 147/2015 – presenta alcune incongruenze.

La norma ha richiamato i rapporti di cui alla legge 91/1981 e i soggetti interessati sono, quindi, gli «atleti, allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici» professionisti appartenenti alle seguenti federazioni sportive affiliate al Coni: Figc e leghe di serie A, B e C (calcio), Fip (pallacanestro), Fci (ciclismo) e Fig (golf). La legge delega in materia di professioni sportive, approvata in via definitiva dal Senato lo scorso 6 agosto, stabilisce, peraltro, che dovrà essere individuata la figura del «lavoratore sportivo», senza più distinguere tra attività dilettantistiche e professionistiche.

Vedi il grafico: LE MISURE A CONFRONTO

Per questi atleti è prevista, a partire dal 2020, la detassazione – per cinque anni – del 50% dei redditi di lavoro dipendente o autonomo, al posto di quella del 70% stabilita per gli altri impatriati. Possono fruire anche della proroga stabilita, per ulteriori cinque anni, in presenza di almeno un figlio minorenne o a carico – anche in affido preadottivo – o in caso di acquisto di un immobile residenziale dopo il trasferimento in Italia (o nei 12 mesi precedenti), anche al di fuori del Comune di residenza e senza l’obbligo di mantenerne la proprietà per tutto il periodo agevolato (il che potrebbe causare abusi).

Agli stessi soggetti è stata, invece, negata la possibilità di incrementare la detassazione sino al 90% in caso di trasferimento della residenza in una regione del Sud e in presenza di almeno tre figli minorenni o a carico.

L’opzione per il regime comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile, destinato a potenziare i settori giovanili.

La natura del reddito
L’articolo 3 della legge 91/1981 stabilisce che «la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato». Tale presunzione consente di ricomprendere in tale rapporto tutte le somme a qualsiasi titolo percepite, compresi i bonus e i premi.

Nella circolare 17/E/2017 è stato precisato che l’agevolazione spetta anche per i redditi relativi alle attività prestate all’estero (ad esempio per le competizioni internazionali) di durata inferiore a 183 giorni nell’anno e che per beneficiarne gli impatriati devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro.

Il contratto si considera, invece, di lavoro autonomo se ricorre almeno uno dei seguenti requisiti:
1. l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
2. l’atleta non sia contrattualmente vincolato a effettuare sedute di preparazione o allenamento;
3. la prestazione, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali o cinque giorni ogni mese o 30 giorni ogni anno.

In quest’ultimo caso (nel quale rientrano le prestazioni sportive rese in favore delle squadre nazionali) i relativi redditi si considerano, in base al successivo articolo 15, assimilati a quelli di lavoro dipendente.

Per gli «sportivi professionisti» diversi dagli atleti la categoria reddituale va, invece, accertata caso per caso.

Le incoerenze applicative
Il nuovo regime ha consentito l’applicazione dei benefici anche agli atleti professionisti – grazie al venir meno dei requisiti di elevata specializzazione e qualificazione precedentemente richiesti – e ha agevolato l’acquisto di atleti, italiani o stranieri, provenienti dall’estero.

L’agevolazione è stata, però, “depotenziata” al presumibile fine di non favorire eccessivamente soggetti che svolgono attività con elevata redditività. Se questo è lo scopo non si comprende, tuttavia, perché possano continuare a beneficiarne in misura piena gli atleti impegnati in altre discipline sportive e gli altri soggetti che operano nel settore – quali, ad esempio, i procuratori sportivi – o in settori diversi, conseguendo redditi molto elevati. D’altra parte, non tutti gli appartenenti alle categorie penalizzate realizzano proventi rilevanti (si pensi, ad esempio, agli atleti delle leghe di B e C).

Al riguardo è stato giustamente rilevato che sarebbe stato preferibile prevedere per tutti i contribuenti interessati una riduzione dell’abbattimento fiscale in funzione dell’aumento dell’imponibile, come avviene, ad esempio, in Spagna nell’ambito della disciplina dei “neo-residenti” approvata nel 2014.

Vedi il grafico: LE MISURE A CONFRONTO

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