Controlli e liti

Doppia imposizione, arbitrati Ue a rischio di debutto ritardato

di Giuliano Foglia e Marco Poziello

Una procedura per la risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione, articolata in quattro fasi. Simile nella struttura a quella in materia di prezzi di trasferimento. Che, però, rischia di debuttare in ritardo: rispetto alla scadenza del 30 giugno, termine previsto per il recepimento, il nostro paese è ancora indietro (si veda anche il pezzo in basso).

La novità è prevista dall’articolo 23 della direttiva Ue 1852 del 10 ottobre 2017 (la direttiva Drm – Dispute resolution mechanism): a partire dal 1° luglio 2019 diverranno efficaci le disposizioni che introducono - per i reclami presentati da questa data - un nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie tra gli Stati membri che derivino dall’interpretazione e applicazione «degli accordi e delle convenzioni che prevedono l’eliminazione della doppia imposizione del reddito e, ove applicabile, del capitale».

Più nel dettaglio questa direttiva, elaborata anche a seguito dei principi enucleati nell’Action 14 («Making dispute resolution mechanisms more effective») del progetto Beps (Base erosion and profit shifting) dell’Ocse, si propone come un efficace ulteriore meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stati membri, potenzialmente capace di aumentare il grado di certezza del diritto in ambito Ue, anche considerando l’assenza di una procedura arbitrale nella maggior parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore tra gli Stati membri (che per lo più, infatti, si limitano a prevedere una procedura amichevole senza obbligo di risultato).

Le quattro fasi

La direttiva presenta una struttura generale che risulta simile alla convenzione 90/436/Cee in materia di prezzi di trasferimento (la cosiddetta convenzione arbitrale), e può essere sintetizzata in queste quattro fasi:

presentazione del reclamo da parte del contribuente interessato entro tre anni dal ricevimento della prima notifica dell’azione che ha comportato o comporterà la situazione controversa (articolo 3);

valutazione delle Autorità competenti sull’ammissibilità del reclamo (articoli 3, comma 5 e 5);

raggiungimento entro due anni (prorogabile di un ulteriore anno, sulla base di una giustificazione scritta di uno Stato) dell’accordo amichevole volto ad eliminare la doppia imposizione (articolo 4, comma 1);

in mancanza di accordo, previsione di un arbitrato obbligatorio attraverso l’istituzione di una commissione consultiva (articoli da 6 a 9) o di una «commissione per la risoluzione alternativa» (articolo 10), con il compito di emanare un parere sulle modalità di risoluzione del caso.

Le novità

Ad ogni modo, nonostante le similitudini strutturali, vi sono alcune caratteristiche sostanziali e novità procedurali che differenziano significativamente la portata applicativa della nuova direttiva Drm rispetto alla convenzione arbitrale.

Infatti, da un punto di vista procedurale, la direttiva Drm prevede alcuni meccanismi innovativi di natura arbitrale e di ricorso alle competenti corti giurisdizionali nazionali attivabili dal contribuente (ad esempio, l’ipotesi della nuova «commissione di risoluzione alternativa», nonché la possibilità per il contribuente di ricorrere agli organi giurisdizionali domestici in caso di diniego di accesso alla procedura amichevole e di mancata istituzione della commissione consultiva).

L’ambito di applicazione

Inoltre, da un punto di vista sostanziale, nella direttiva Drm viene ampliato l’ambito di applicazione: il nuovo strumento è indirizzato a tutte le tipologie di contribuenti (inclusi privati) e non è più limitato alla materia dei prezzi di trasferimento e di attribuzione degli utili alle stabili organizzazioni, ma esteso agli ulteriori casi contemplati nelle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni (articolo 1 e considerando (7) della direttiva).

Tanto premesso, l’articolo 22 della direttiva Drm prevede che gli Stati membri recepiscano questo meccanismo di risoluzione al più tardi entro il 30 giugno 2019. Un passaggio che, per l’Italia, è ancora lontano.

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