Adempimenti

Niente obblighi di sostituto d’imposta per la società senza stabile organizzazione

di Alessandro Saini

Dietrofront dell’agenzia delle Entrate sugli obblighi di sostituzione di imposta da parte di società non residenti prive di una stabile organizzazione in Italia. A distanza di pochi mesi, la risposta a interpello 312/2019 ( si veda Il Quotidiano del Fisco del 25 luglio ) fornisce una diversa lettura rispetto al principio di diritto 8 del 12 febbraio 2019, confermando l’esclusione dagli obblighi del sostituto di imposta da parte di un soggetto non residente, in assenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Procediamo con ordine. Secondo l’articolo 23 del Dpr 600/1973, sono tenuti ad operare ritenute alla fonte, tra gli altri, i soggetti passivi Ires di cui all’articolo 73, comma 1, del Tuir, nel cui ambito, alla lettera d), sono ricomprese le società e gli enti di ogni tipo, non residenti nel territorio dello Stato. Nella prima circolare a commento della riforma dell’accertamento (circolare 1/RT del 1973), l’Amministrazione finanziaria ha delimitato l’ambito applicativo della sostituzione di imposta per i soggetti non residenti in presenza di una loro stabile organizzazione in Italia.

Nonostante tale impostazione sia stata confermata in successivi documenti di prassi (tra le altre, circolare 326 del 1997), dubbi sono sorti a seguito della nota 12/649 del 1980 nella quale l’amministrazione finanziaria ha fatto derivare gli obblighi di sostituzione di imposta in capo ad enti non residenti, privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, qualora gli stessi siano comunque tenuti alla presentazione di una dichiarazione dei redditi nel nostro Paese, in virtù di redditi ivi prodotti. Tale conclusione era fondata sull’articolo 4, comma 2, del Dpr 600/1973, all’epoca vigente, secondo il quale «le società o enti che non hanno la sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato devono (…) indicare l’indirizzo della stabile organizzazione nel territorio stesso, in quanto vi sia, e in ogni caso le generalità e l’indirizzo in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari».

L’amministrazione finanziaria escludeva invece che un ente non residente potesse essere considerato sostituto di imposta ove non tenuto a presentare una dichiarazione dei redditi in Italia, «per ovvii motivi attinenti alla delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato». Così, in assenza di una stabile organizzazione in Italia, l’elemento discriminante ai fini degli obblighi di sostituzione di imposta da parte di un soggetto non residente era determinato dalla presenza nel nostro Paese di un «rappresentante per i rapporti tributari», considerato dall’amministrazione finanziaria (nota 15/5776 del 1984) non un semplice domiciliatario bensì un rappresentante a tutti gli effetti, con la conseguente responsabilità solidale del rappresentante per le sanzioni amministrative comminate alla società o ente che rappresenta.

Il binomio «stabile organizzazione» ovvero «rappresentante per i rapporti tributari» in Italia si ritrova in alcuni successivi chiarimenti (Dre Veneto, risoluzione 23753 del 2001). Poi il Dlgs 175/2014 è intervenuto cancellando l’obbligo della nomina di un «rappresentante per i rapporti tributari» da parte di società ed enti non residenti tenuti a dichiarare redditi prodotti in Italia. Del resto, la Corte di giustizia Ue, con sentenza 5 maggio 2011, causa C-267/09, ha ritenuto incompatibile con il principio di libera circolazione dei capitali l’obbligo della nomina di un rappresentante fiscale da parte di soggetti non residenti ai fini delle imposte sui redditi.

L’eliminazione dall’articolo 4 del Dpr 600/1973 della figura del «rappresentante per i rapporti tributari» ha quindi messo in discussione l’attualità della nota del 1980. La successiva prassi dell’Agenzia (circolare 25/E del 2015) sembrava infatti confermare la necessità dell’esistenza di una stabile organizzazione in Italia ai fini degli obblighi del sostituto di imposta da parte di enti non residenti. Con il principio di diritto 8 del 2019, l’Agenzia è tuttavia ritornata ad affermare la sussistenza degli obblighi del sostituto di imposta da parte di una società estera, proprietaria di alcuni immobili in Italia ma senza una stabile organizzazione, con la motivazione - per la verità piuttosto laconica - che la predetta società estera rientra tra i soggetti di cui all’articolo 23, comma 1, del Dpr 600/1973.

Nella risposta a interpello 312 del 2019 , invece, è stato affrontato il caso di una società di diritto spagnolo priva di una stabile organizzazione nel nostro Paese che ha assunto un lavoratore dipendente residente in Italia al fine di promuovere, nel territorio dello Stato, la propria attività. Al riguardo, richiamando la circolare 326 del 1997, l’Agenzia ha escluso qualsiasi obbligo di ritenuta in capo alla società estera, pur in presenza di un ufficio di rappresentanza in Italia, in quanto «gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia» e ciò «in ragione della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato».

È auspicabile che tale ultimo chiarimento possa determinare il definitivo superamento dei precedenti arresti dell’amministrazione finanziaria. Del resto, non si può sottacere come un ente non residente, privo di una stabile organizzazione in Italia, non operi in modo dissimile ad un privato estero. La previsione degli obblighi di sostituzione di imposta per i primi non solo determinerebbe un aggravio di adempimenti ma anche il travalicamento della «delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato» di cui dà atto la stessa agenzia delle Entrate.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©