Professione

Web tax su misura per i diversi servizi digitali

di Giuseppe Latour

I servizi digitali non sono tutti uguali. Per questo non ha senso tassarli tutti allo stesso modo, puntando sul luogo nel quale vengono prodotti i ricavi. La revisione della web tax, disciplinata nel nostro paese ma mai entrata in vigore per mancanza dei decreti attuativi, dovrebbe girare attorno a questo principio.

È una delle indicazioni arrivate ieri pomeriggio a Milano, al Palazzo di Giustizia, nel corso di un convegno (che si concluderà stamattina) organizzato dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, per analizzare le nuove frontiere con le quali giudici, avvocati e operatori del settore dovranno confrontarsi nei prossimi anni.

Al centro della maggior parte degli interventi c’è stata proprio la digitalizzazione, diventata fenomeno di larghissima scala tra fatturazione elettronica, trasmissione telematica dei corrispettivi e processo tributario telematico. Con grandi problemi legati all’inquadramento fiscale di alcuni fenomeni, come ad esempio avviene per il concetto di stabile organizzazione. Maurizio Logozzo, ordinario dell’università Cattolica di Milano ha, a questo proposito, parlato di «inadeguatezza della definizione di stabile organizzazione rispetto alle caratteristiche implicite delle attività informatiche utilizzate dalla digital economy».

Su una linea simile si è collocato anche l’intervento di Sergio Santoro, presidente aggiunto del Consiglio di Stato: «La web tax, impostata come è stato fatto finora, ha dato delle risposte parziali. Non si può puntare tutto sul luogo di produzione dei redditi, ma bisogna guardare alla natura dei diversi servizi digitali, per capire come vanno tassati».

Gli esempi di questa diversificazione, guardando agli Over the top del web, sono tanti: intermediazione commerciale, servizi di pubblicità e promozione, distribuzione e condivisione di contenuti audiovisivi, analisi dei dati, cloud computing. «La legislazione che ci è stata proposta non contempla la differenza tra questi servizi, bisogna invece analizzare caso per caso quali sono i passaggi tassabili, anche perché l’introduzione del 5G produrrà problemi sempre più grandi in questo campo», conclude Santoro.

La critica a leggi che trovano soluzioni parziali, inducendo la giurisprudenza, soprattutto delle alte corti (come la Cassazione o la Corte di Giustizia Ue), a creare una sorta di cortocircuito tra sentenze e norme, è stata oggetto anche dell’intervento di Maurizio Leo, ordinario della Scuola nazionale dell’amministrazione.

«Sempre più spesso - ha spiegato - accade che i giudici stimolino la produzione normativa, indirizzandola in maniera più o meno sistematica». In altre parole, il legislatore «privo di visione e lungimiranza insegue i giudici delle alte corti, rinunciando al potere di attuare una politica fiscale efficace e organica», secondo Leo. Gli esempi recenti di questa tendenza sono almeno due: l’abuso del diritto e il contraddittorio preventivo. 

Sullo sfondo resta il tema della riforma, evocato dal vertice del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, Antonio Leone che ha invitato il Governo ad «evitare blitz», puntando invece su «una riforma che dia maggiori strumenti al lavoro che è stato già fatto, salvaguardando i risultati e le professionalità acquisite». Attraverso un’adeguata fase transitoria.

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