Adempimenti

Patrimonializzazione, gli aiuti previsti nel catalogo Ue

Il regime degli aiuti di Stato alle imprese

di Paolo Rinaldi

L’attività legislativa emergenziale del governo è intervenuta nell’ambito delle modifiche comunitarie apportate al regime degli aiuti di Stato alle imprese, disciplinati dall’articolo 107 del trattato Ue: il Dl salva Italia del 17 marzo è stato infatti emesso prima che la Commissione Europea emanasse un temporary framework sugli aiuti di Stato, in data 20 marzo. La struttura del sostegno finanziario alle imprese risente quindi della direzione iniziale presa dal governo, che non conoscendo quanto e come avrebbe potuto intervenire direttamente, ha fatto ricorso alle banche: le moratorie ex articolo 56 nonché una prima versione di garanzie statali all’articolo 49. Successivamente, la Commissione Ue ha emanato un primo emendamento il 4 aprile, disciplinando in maniera espressa le garanzie bancarie dei governi al punto 3.2 del temporary framework: si tratta di intervento di cui il governo ha tenuto conto nel Dl Liquidità del 18 aprile, agli articoli 1 e 13 che disciplinano le garanzie Sace e FdG, perfettamente in linea con esso.

Il Dl rilancio, invece, è stato oggetto di una lunga gestazione: non stupisce quindi che – quando la Commissione europea ha modificato per la seconda volta il temporary framework il 13 maggio – il governo sia riuscito a cogliere di questo nuovo quadro normativo solo le parti che erano già coerenti con l’impianto del decreto.

Gli strumenti finanziari di cui all’articolo 26, inizialmente definiti «partecipativi», e dunque patrimonializzanti, con espresso richiamo all’articolo 2346 del Codice civile, sono infatti diventati nel giro di poche ore veri e propri debiti verso lo Stato, secondo il paragrafo 27-bis della sezione 3.2 del temporary framework, che parla di strumenti di debito subordinato, assoggettati ai limiti temporali e quantitativi ivi previsti e recepiti nell’articolo 26 del decreto rilancio.

Il secondo emendamento del temporary framework apporta però una novità essenziale per le imprese: vere misure di patrimonializzazione, da affiancare agli aiuti di importo limitato di cui alla sezione 3.1 (fino a 800mila euro per impresa) e alle garanzie sui prestiti fornite dallo stato di cui alla sezione 3.2.

Un nuovo paragrafo 3.11, rubricato «Misure di ricapitalizzazione per le imprese non finanziarie», integra il regime di aiuti concessi alle imprese, e consente nuovi strumenti di intervento al governo, allo scopo espresso di evitare l’uscita dal mercato di imprese redditizie prima di Covid-19.

Lo stato potrà intervenire quando, in mancanza di tale sostegno, l’impresa fallirebbe o avrebbe gravi difficoltà a proseguire l’attività: si fa espresso riferimento finalmente al rapporto tra debito e patrimonio netto (e non al calo dei fatturati, che condizionerà negativamente il successo del fondo Patrimonio Pmi) o anche ad indicatori analoghi, ad esempio il rapporto debito/Ebitda. Dovrà trattarsi però di imprese che non riescono a raccogliere dal mercato dei capitali le risorse necessarie al riequilibrio patrimoniale: si tratta proprio dei casi in cui gli imprenditori non riescono a sottoscrivere o a trovare nuovi soci per gli aumenti di capitale sociale previsti dall’articolo 26 del decreto rilancio, ovvero tali risorse non sono sufficienti a riportare il patrimonio in area positiva.

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