Imposte

Ritenuta d’acconto sull’onorario pagato alla Stp tra avvocati

La sentenza 7407/2021 della Cassazione: reddito d’impresa solo se prevale il coordinamento del lavoro altrui e del capitale sulla prestazione di lavoro intellettuale

di Giorgio Gavelli

Si applica la ritenuta d’acconto sull’onorario pagato ad uno studio legale costituito in forma di una società tra professionisti a responsabilità limitata. È il sorprendente principio affermato dalla Cassazione, con sentenza 7407/2021 depositata il 17 marzo. Il contenzioso nasce a seguito del pagamento di un onorario da parte di una compagnia assicurativa a favore della Stp tra avvocati, con applicazione della ritenuta d’acconto del 20 per cento.

L’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Stp trovava l’accoglimento del Tribunale di Locri, che confermava la correttezza dell’applicazione della ritenuta sulla base dell’assimilazione tra la Stp e uno studio associato, disciplinato dall’articolo 5 del Tuir. La Cassazione, nel binomio tra il profilo soggettivo indiscutibilmente imprenditoriale e quello oggettivo attinente all’attività svolta (di natura professionale) sceglie di privilegiare quest’ultimo. Pur ripercorrendo i molteplici documenti con i quali l’agenzia delle Entrate ha confermato la natura di reddito d’impresa dei proventi realizzati da una Stp, la Corte afferma che, in assenza di una definita disciplina tributaria, deve trovare applicazione quella civilistica, e precisamente l’articolo 2238 del Codice civile, laddove viene specificato che si applica la disciplina propria dell’impresa solo nel caso in cui l’esercizio della professione costituisca elemento di un’attività così organizzata, ovvero quando prevalga il coordinamento del lavoro altrui e del capitale sulla prestazione di lavoro intellettuale.

Conclusione che, secondo la Corte, sarebbe confermata anche dalla disciplina Irap, che esclude l’attività professionale autonomamente organizzata. Per cui la Stp ricorrente, per contestare la ritenuta, avrebbe dovuto dimostrare in giudizio l’organizzazione in forma d’impresa.

L’esito del giudizio si deve probabilmente – oltre alla «novità della questione trattata» esplicitamente affermata in sentenza – al fatto che il giudizio è stato incardinato in sede civile, e la sentenza è stata pronunciata dalla sezione terza e non da quelle tributarie.

L’articolo 81 del Tuir riconduce chiaramente al reddito d’impresa quello delle società commerciali «da qualsiasi fonte provenga» e non sembra lasciar spazio ad altri ragionamenti, almeno in assenza di modifiche normative (tanto è vero che la stessa pronuncia cita un Ddl mai divenuto legge).

In passato, dopo un periodo di incertezza (si veda la risoluzione 118/E/2003 sulle Società tra avvocati di cui al Dlgs 96/2001), con la risoluzione 35/E/2018 e con le successive risposte a interpello 954-93/2014, 107/2018 e 128/2018 e con la nota 43619/2017, l’agenzia delle Entrate ha sempre confermato che il reddito delle società tra professionisti (avvocati compresi) va qualificato come d’impresa e non di lavoro autonomo. Con conseguente applicazione del principio di competenza nella determinazione del reddito (in luogo di quello di cassa) e disapplicazione della ritenuta a titolo d’acconto.

Forse, dopo questo arresto giurisprudenziale, la questione potrà essere riaperta a livello normativo, per giungere ad una definitiva regolamentazione che non lasci dubbi sulla natura reddituale delle Stp.

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