Controlli e liti

Definizione agevolata delle liti, non cambia la natura delle somme versate

Secondo l’interpello 566 le ritenute restano tali e consentono tra l’altro di effettuare la rivalsa

di Luigi Lovecchio

Le somme versate in occasione della definizione delle liti pendenti conservano la medesima natura che avevano nell’accertamento originario. Pertanto, qualora la controversia originaria fosse stata generata da un accertamento in materia di ritenute, gli importi versati dovrebbero essere imputati a tale titolo. L’interessante precisazione giunge dalla risposta a interpello 566 del 4 dicembre dell’agenzia delle Entrate.

Il caso descritto è in effetti piuttosto peculiare. Si tratta di una società che aveva ricevuto un finanziamento da una società ungherese. Sugli interessi derivanti da tale finanziamento non erano state operate ritenute, in forza della convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni. L’agenzia delle Entrate ha tuttavia contestato che l’effettivo beneficiario degli interessi del finanziamento non era la società ungherese, bensì una società residente nelle Bermuda. Di conseguenza, è stata accertata l’omessa effettuazione delle ritenute nella misura applicabile ai soggetti ubicati in paradisi fiscali (all’epoca, il 27%). La rettifica è stata pertanto impugnata davanti alla giustizia tributaria.

Nelle more del processo, il contribuente ha aderito alla definizione delle liti pendenti, ex articolo 6, Dl 119/2018.

Alla luce di quanto sopra esposto, viene quindi chiesto di sapere se, con riferimento alle somme pagate per la definizione, fosse possibile l’esercizio della rivalsa nei confronti della società ungherese ovvero, se del caso, di quella ubicata nelle Bermuda. Tanto, in ragione del fatto che l’importo in questione, sebbene inferiore rispetto a quello accertato, conserva comunque la qualifica di ritenuta.

La risposta delle Entrate è stata parzialmente positiva, anche alla luce di quanto già precisato in tema di rivalsa dell’Iva. Viene infatti ricordato che in precedenti pronunce (circolare 23/E/2017) si è ammesso il diritto del cedente/prestatore di rivalersi nei confronti della controparte dell’imposta versata in occasione della sanatoria in esame. Ciò, in forza dell’articolo 60, comma 7, Dpr 633/1972. Si è così riconosciuto che il quantum del condono mantiene la medesima qualificazione giuridica originaria, senza che rilevi la riduzione derivante dalla specifica disciplina agevolativa.

Per queste stesse ragioni, il documento di prassi rileva che, nel caso di specie, l’importo pagato deve essere a tutti gli effetti trattato come una ritenuta. Sulla questione della rivalsa e della individuazione del soggetto nei cui confronti esercitarla, l’Agenzia afferma la propria incompetenza. Tanto, in ragione del fatto che, per consolidata giurisprudenza di Cassazione (Ssuu n. 15032/2009), le controversie tra sostituto e sostituito non appartengono al rapporto tributario ma sono equiparate a liti tra privati. Tant’è che la giurisdizione è quella del giudice ordinario. Alla luce di ciò, la risposta conclude che in materia di esercizio della rivalsa l’Amministrazione finanziaria non ha potere di intervento.


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