Come fare perAdempimenti

Cessioni intra Ue di beni, indispensabile conservare le prove

di Michele Brusaterra

  • Quando Ogniqualvolta si effettuano operazioni intracomunitarie di cessioni di beni

  • Cosa scade È necessario fare attenzione alle prove da raccogliere per dimostrare l’effettiva cessione di beni intracomunitaria

  • Per chi Tutti i soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie di cessioni di beni

  • Come adempiere Deve esserci la presenza di una serie di documenti che provino il trasporto o la spedizione dei beni verso un altro Stato Ue

1L’adempimento in sintesi

Il Regolamento europeo Ue 2018/1912 del 4 dicembre 2018, ha introdotto, all’interno del Regolamento Ue di esecuzione n. 282/20011, così detto “Regolamento Iva”, l'articolo 45-bis, applicabile dal 1° gennaio 2020, che ha portato novità significative proprio in tema di prova del trasporto o della spedizione dei beni verso un altro Stato dell’Unione europea.
L’Agenzia delle entrate sia con interpello n. 100 del 2019 che con la circolare n. 12/E del 12 maggio 2020, ha approfondito tale tema.

2Soggetti interessati

Sono interessati tutti i soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie di cessioni di beni.

3Modalità e termini di adempimento

Uno dei principali problemi che sorgono nella gestione, quotidiana ed operativa, delle operazioni intracomunitarie è quello che riguarda la prova della fuoriuscita del bene dal territorio nazionale, con riferimento alle cessioni intracomunitarie.

Tale uscita, infatti, rappresenta la caratteristica essenziale affinché un’operazione possa essere considerata non imponibile; ragionando al contrario, ancorché ceduto ad un soggetto passivo d’imposta stabilito in un altro paese europeo, se l’uscita dal territorio nazionale della merce non è provata, la cessione si considera interna allo Stato e, di conseguenza, non rappresenta più una cessione non imponibile.

Il Regolamento europeo Ue 2018/1912 del 4 dicembre 2018, ha introdotto, all’interno del Regolamento Ue di esecuzione n. 282/20011, così detto “Regolamento Iva”, l’articolo 45-bis, applicabile dal 1° gennaio 2020, che ha portato novità significative proprio in tema di prova del trasporto o della spedizione dei beni verso un altro Stato dell’Unione europea.
L’Agenzia delle entrate sia con interpello n. 100 del 2019 che con la circolare n. 12/E del 12 maggio 2020, ha approfondito tale tema.

Facendo presente che la normativa nazionale «non detta alcuna specifica disposizione in merito ai documenti che il contribuente deve conservare, ed esibire in caso di eventuale controllo, per provare l’avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato della Ue», l’Agenzia delle entrate ricorda che, prima dell’entrata in vigore del citato articolo 45-bis del Regolamento Iva, erano stati emessi, da parte della stessa Agenzia, una serie di documenti di prassi che hanno affrontato il tema della prova delle cessioni intracomunitarie, e più precisamente:

Interpello dell’8 aprile 2019 n. 100;
Risoluzione del 25 marzo 2013 n. 19/E;
Risoluzione del 28 novembre 2007 n. 345/E;
Risoluzione del 15 dicembre 2008 n. 477/E.

Mentre con i vari documenti di prassi veniva sostanzialmente riconosciuta valida, ai fini della prova in commento, l’esibizione del Cmr (o lettera di vettura), appositamente allegato alla fattura, nonché sostenuto anche dai documenti che giustificano l’incasso del corrispettivo, con l’interpello n. 100 dell’8 aprile 2019, l’Agenzia delle entrate è ritornata sul tema delle prove in presenza di trasporto di beni sia da parte del cedente sia da parte del cliente, ossia di cessione sia franco destino che franco fabbrica.
Con tale interpello l’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto ammissibile, come prova dell’avvenuta consegna dei beni al cessionario europeo, oltre al Ddt, la presenza dei seguenti dati:

l’identificativo del committente (ossia il cessionario in fattura);
il riferimento della fattura di vendita;
il riferimento della fattura logistica (documento interno);
la data della fattura;
la data del Ddt;
la data della destinazione delle merci, del paese di destinazione e dell’anno di ricezione delle merci stesse;
la seguente dichiarazione da parte del cessionario comunitario «le merci relative alle fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro deposito oppure presso i nostri negozi (es. in Gran Bretagna) nel mese di (es. gennaio 2018)».

La dichiarazione contenente i dati sopra riportati, viene timbrata, datata e sottoscritta dal cessionario che poi la rispedisce al cedente nazionale, che ne trattiene copia proprio al fine di dare prova dell’avvenuto trasporto in un altro paese Ue.

Secondo la risoluzione 345/E del 2007 dell’Agenzia delle entrate, i documenti che possono provare la fuoriuscita dallo Stato di beni sono i seguenti:

la fattura di vendita all’acquirente comunitario;
gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate;
il documento di trasporto Cmr firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e/o dal destinatario per ricevuta;
la rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce.

Con la risoluzione 477/E del 2008, l’Agenzia delle entrate ha anche chiarito che nel caso in cui i beni siano consegnati, da parte del cedente, ad un vettore indicato dal cliente (cessione così detta franco fabbrica), non esiste un vincolo rigido in merito alla prova da fornire e, pertanto, il cedente può esibire qualsiasi altro documento che sia atto a provare l’uscita dal territorio della merce. Con la risoluzione n. 19/E del 2013, sempre l’Agenzia delle entrate, con riferimento ancora una volta alla cessione franco fabbrica, ha sottolineato che il Cmr elettronico può rappresentare idonea prova dell’avvenuta cessione intracomunitaria, come lo può essere un insieme di documenti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso Cmr e le firme dei soggetti coinvolti, ossia cedente, vettore, e cessionario. In ogni caso, i documenti detenuti per la prova della cessione intracomunitaria devono essere conservati assieme alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria che attesti la riscossione delle somme collegate con la cessione intracomunitaria, agli impegni contrattuali e ai modelli intrastat.

Con la circolare 12/E del 2020, già sopra citata, l’Agenzia delle entrate con riferimento all’articolo 45-bis del Regolamento Iva e facendo altresì riferimento alle Note Esplicative sui “quick fixes 2020”, fa presente che attraverso il paragrafo 1, lettere a) e b) dello stesso articolo 45-bis vengono disciplinate due ipotesi:

i beni sono spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto (lettera a) del paragrafo 1 dell’articolo 45-bis del Regolamento Iva);
i beni sono trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto (lettera b) del paragrafo 1 dell’articolo 45-bis del Regolamento Iva).

Nella prima ipotesi, il venditore oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, deve produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra di loro e indipendenti dalle parti, ossia dal venditore e dall’acquirente, relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, come, ad esempio:

il Cmr, con firma del trasportatore,
una polizza di carico,
una fattura di trasporto aereo,
una fattura dello spedizioniere.

In alternativa il venditore può essere in possesso di uno qualsiasi degli elementi appena sopra indicati, che però deve essere combinato con uno qualsiasi dei singoli elementi di seguito indicati, che devono essere non contraddittori e rilasciati sempre da soggetti diversi tra di loro e indipendenti dalle parti, ossia dal venditore e dall’acquirente:

una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.

Nella seconda ipotesi, ossia quando il trasporto dei beni viene effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, l’acquirente deve fornire al venditore, entro il decimo giorno successivo alla cessione:

una dichiarazione scritta dalla quale devono risultare:
- la data di rilascio,
- il nome e l’indirizzo dell’acquirente,
- la quantità e la natura dei beni ceduti,
- la data e il luogo del loro arrivo,
- l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, se presente,
- il numero di identificazione del mezzo di trasporto;

almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra di loro e indipendenti dalle parti, ossia dal venditore e dall’acquirente, relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, come, ad esempio:
- il Cmr, con firma del trasportatore,
- una polizza di carico,
- una fattura di trasporto aereo,
- una fattura dello spedizioniere;

almeno uno qualsiasi dei singoli elementi di seguito indicati, che devono essere non contraddittori e rilasciati sempre da soggetti diversi tra di loro e indipendenti dalle parti, ossia dal venditore e dall’acquirente:
- una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
- documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
- una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.

4Casi pratici

Sottolinea l’Agenzia delle entrate attraverso la circolare 12/E del 2020, che se la trasmissione al venditore, da parte dell’acquirente, della dichiarazione scritta, avviene oltre il decimo giorno successivo alla cessione, ciò «non preclude la possibilità per il venditore di beneficiare della presunzione (di cessione intracomunitaria, ndA) in presenza di tutte le altre condizioni previste dal medesimo articolo (45-bis, paragrafo 1, lettera b) punto i), ndA)».

Gli elementi di prova, come sopra indicati, vengono ritenuti idonei, dall’Agenzia delle entrate, come presunzione relativa per la dimostrazione dell’avvenuto arrivo dei beni nell’altro Stato membro, anche con riferimento alle cessioni avvenute prima del 1° gennaio 2020.

Viene invece evidenziato come, sempre in base alle Note esplicative “quick fixes 2020”, è esclusa l’applicazione della predetta presunzione se le merci sono trasportate o spedite in un altro stato membro attraverso trasporto o spedizione effettuate dal cedente o dal cessionario senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore e ciò perché è necessaria sempre la presenza di parti considerate indipendenti dai citati venditore e acquirente.

In tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bis del Regolamento Iva, può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, di cui si è detto, che comunque è soggetta a valutazione “caso per caso” da parte della stessa Amministrazione finanziaria.

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