Controlli e liti

Errori in dichiarazione, modifica anche dopo la cartella esattoriale

Lo ha stabilito da Cassazione con la sentenza 15527/2020 depositata lo scorso 21 luglio

di Stefano Mazzocchi

In caso di errori oppure omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata con modalità e tempistiche diverse a seconda dello scopo della dichiarazione:
- se diretta ad evitare un danno per il Fisco, entro i termini di cui all’articolo 43, Dpr 600/73 (articolo 2, comma 8, Dpr 322/1998);
- se diretta ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo (comma 8-bis del medesimo articolo 2). In tal caso, è ammessa la compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro 48 mesi dal versamento, e in ogni caso opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell’agenzia delle Entrate.

Tale principio, espresso dalle Sezioni unite della Cassazione con la pronuncia 13378 del 30 giugno 2016, è stato ribadito dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con la sentenza 15527/2020, depositata il 21 luglio 2020.

In particolare, i giudici di legittimità hanno confermato quanto segue: fatte salve specifiche ipotesi, la dichiarazione è un atto di scienza e quindi sempre emendabile, con la conseguenza che il contribuente può far valere eventuali vizi commessi nella redazione della stessa, che attengano al merito della pretesa tributaria, anche in sede contenziosa, indipendentemente dal rispetto dei termini per la presentazione del dichiarativo successivo (Cassazione 2220/2018; sul punto cfr. altresì Cassazione 20119);b. in ambito Iva ed imposte dirette sono applicabili i medesimi principi, compreso quello secondo cui la dichiarazione affetta da errore (di fatto o di diritto) è in linea di principio emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che per legge devono restare a suo carico.

La dichiarazione non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Al riguardo è stato anche affermato che la dichiarazione «costituisce un momento dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria»; in virtù dei principi di capacità contributiva e di buona amministrazione, deve essere consentito al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’inesistenza di fatti giustificativi la pretesa tributaria originaria.

Di conseguenza, l'emendabilità non può ritenersi sottoposta al limite temporale di cui all’articolo 37, commi 5 e 6, del Dpr 633/72, il quale riguarda la rimozione di omissioni o l’eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l’erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e idonee a pregiudicare il dichiarante (Cassazione 3904/04).

La Corte ha quindi ritenuto legittima l'opposizione alla cartella di pagamento (emessa a seguito di un controllo automatizzato ex art. 36-bis, Dpr 600/73) da parte del contribuente, il quale aveva dimostrato l'insussistenza del debito Ires sulla scorta della (definitiva) perdita di un credito, documentato da una fattura, emessa e registrata in contabilità e mai pagata dal debitore, trattandosi di un credito non ammesso allo stato passivo della committente. Nella fattispecie, la perdita su credito non era stata mai contestata dall’amministrazione fiscale.

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