Controlli e liti

Uso di crediti esistenti: sanzioni da ripensare

L’Agenzia ha ribadito la sanzionabilità dell’utilizzo in compensazione del credito derivante da una dichiarazione omessa

Una storia infinita. È la sensazione che si prova leggendo la risoluzione 82/E dello scorso 24 dicembre, con la quale l’Agenzia – nel rispondere al quesito relativo alla possibilità di riporto di un credito d’imposta derivante da una dichiarazione omessa – ha ribadito la sanzionabilità dell’utilizzo in compensazione dello stesso, anche se esistente. L’istante domandava se il credito potesse essere riportato nella dichiarazione successiva o se ne fosse consentita solo la richiesta a rimborso.

L’Agenzia, nel rispondere al quesito, dopo aver precisato, in maniera condivisibile, che nel caso in cui si optasse per il rimborso è sempre necessario presentare istanza ex articolo 38 del Dpr 600/73, per la diversa ipotesi del riporto nella dichiarazione successiva rimanda alla circolare 21/E/2013, la quale, a sua volta, prende le mosse da un documento di prassi dell’anno precedente (la circolare 34/E) secondo il quale il credito, eventualmente riconosciuto, poteva, al più, essere chiesto a rimborso. Fino all’agosto del 2012, infatti, in caso di dichiarazione omessa, era possibile ottenere il riconoscimento del credito da questa emergente esibendo semplicemente all’ufficio la documentazione comprovante l’esistenza dello stesso.

Il parziale “ammorbidimento” dell’anno seguente, attuato con la citata circolare 21/E, se, da un lato, ha ripristinato l’utilizzabilità in compensazione, dall’altro, afferma che il contribuente rimane ugualmente soggetto alla sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/97. Questa può oscillare dal 30% (comma 4), in caso di recupero tramite controllo automatizzato e, dal 100 al 200% del credito compensato (comma 5), nella diversa ipotesi in cui il Fisco proceda all’emissione di un atto di recupero.

L’interpretazione dell’amministrazione, ribadita con la citata risoluzione 82/E non è condivisibile poiché le sanzioni che precedono colpiscono la diversa fattispecie connessa all’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti o non spettanti. Inoltre, applicando la sanzione di cui al comma 5, la più alta, si arriva al paradosso per il quale la sanzione risulterebbe almeno pari al credito spettante.

L’orientamento delle Entrate non è condivisibile poiché, se il credito esiste, la compensazione non è indebita e, pertanto, viene a mancare il presupposto oggettivo per l’applicazione della sanzione proporzionale.

Anche sul fronte giurisprudenziale, tanto di merito, sulla scorta della assenza di un effettivo danno erariale (Ctr Piemonte 214/3/18), che di legittimità (Cassazione 25288/2019), i giudici hanno avuto modo di affermare che, qualora il credito sia esistente, non sono dovute le sanzioni previste dall’articolo 13.

Ecco, quindi, che, nel caso in questione, dovrebbe essere applicabile solo la sanzione per omessa presentazione della dichiarazione, prevista:
- dall’articolo 1, comma 1, del Dlgs 471/97 ai fini delle imposte dirette e dell’Irap;
- dall’articolo 5, comma 1, della medesima norma ai fini Iva.

Le norme in questione, in ossequio al principio di proporzionalità, colpiscono la violazione con l’irrogazione di una sanzione variabile tra il 120 e il 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 euro qualora, come nel caso di dichiarazione a credito, nulla sia dovuto. È auspicabile un ripensamento da parte dell’Erario, anche al fine di scongiurare la mole di contenzioso che inevitabilmente ne deriva.

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