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Servizi di telecomunicazione: Iva del prestatore fino a 10mila euro

Il Dlgs rivede l’applicazione dell’imposta nei servizi elettronici resi verso committenti privati europei

ADOBESTOCK

di Michele Brusaterra


Si può applicare l'Iva del prestatore nei servizi elettronici resi verso committenti “privati” europei, se non viene superata, nell'anno precedente o in corso d'anno, la soglia complessiva di 10.000 euro di tali servizi resi. È questa la principale novità introdotta dal Dlgs 45 del 1°giugno 2020, entrato in vigore il 10 giugno, che ha recepito le modifiche apportate alla direttiva Iva 2006/112/Ce dalla direttiva (Ue) 2017/2455.

Il Dlgs 45 introduce, all’interno del Dpr 633/72, l’articolo 7-octies che al primo comma stabilisce, in deroga all’articolo 7-ter, comma 1, lettera b) sempre del Dpr 633 che dispone, sostanzialmente, l'applicazione dell’Iva del prestatore qualora il committente sia un soggetto non passivo d'imposta, le prestazioni di servizi rese nel territorio dello Stato tramite mezzi elettronici, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero nonché le prestazioni di telecomunicazione e di teleradiodiffusione, quando il committente è domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente senza domicilio all’estero ma, in questo caso, se i servizi sono utilizzati nel territorio dell'Unione europea.

SERVIZI ELETTRONICI “TTE”

Se fin qui non vi è nulla di nuovo rispetto alla precedente disciplina, contenuta nelle ora abrogate lettere f) e g) del comma 1, dell’articolo 7-sexies del Dpr 633, il secondo comma dell’articolo 7-octies, stabilisce, però, che se il prestatore, soggetto passivo in un altro Stato Ue, rende uno dei servizi appena indicati (cosiddetti Tte) a committenti, non soggetti passivi d'imposta, stabiliti nel territorio dello Stato, può essere addebitata l’Iva del prestatore, se concorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

- il prestatore non è stabilito anche in un altro Stato membro dell’Unione europea;

- l’ammontare complessivo, al netto dell’Iva, delle prestazioni di servizi rese nei confronti di committenti non soggetti passivi, stabiliti in Stati membri diversi da quello di stabilimento del prestatore, non ha superato, nell'anno solare precedente, l’importo di 10.000 euro e fino a quando non lo supera nell'anno in corso;

- il prestatore non ha optato per l’applicazione dell’imposta nel territorio dello Stato del committente.

Speculare la norma contenuta nel comma 3, dell’articolo 7-octies che riguarda, però, prestatori stabiliti in Italia che rendono servizi Tte a committenti non soggetti passivi d'imposta stabiliti in un altro Stato membro dell'Unione europea. In tal caso, ove ricorrano le tre condizioni appena sopra indicate, il prestatore potrà applicare l'imposta nazionale ma, superato, nell'anno precedente o in quello in corso, l’importo complessivo di 10.000 euro si torna ad applicare l’Iva del committente con l’obbligo di identificazione, da parte del prestatore, nel territorio dello Stato membro del committente stesso.

Per evitare tale identificazione, che va effettuata in ogni Paese in cui vengono resi i servizi Tte, ricordiamo che il prestatore può aderire al Moss (Mini One Shop Stop), che permette di evitare tale singola identificazione e di applicare, comunque, l’Iva del Paese del committente versandola allo Stato membro di stabilimento che poi la riverserà allo Stato membro competente.

Il Dlgs 45 interviene anche nell’articolo 74-quinques del Dpr 633/72, consentendo ai soggetti passivi extra-comunitari di poter accedere al Moss solo se non risultano stabiliti in nessun Paese comunitario, non rilevando più se essi sono, invece, ivi identificati.