I temi di NT+Modulo 24

L’obiettiva incertezza della norma può portare alla disapplicazione delle sanzioni

Rappresenta una causa di esonero dalla responsabilità amministrativa tributaria

di Marco Cramarossa

L’obiettiva incertezza giuridica riguardante la portata e l’ambito di applicazione delle norme rappresenta una causa di esonero dalla responsabilità amministrativa tributaria, con la consequenziale disapplicazione delle sanzioni. Una valida difesa, quindi, che può mettere al riparo dagli assalti dell’incertezza del diritto, generata spesso dall’isterico proliferare legislativo, anche a prescindere dal contesto emergenziale che ci ha accompagnati negli ultimi mesi, connotato, purtroppo, da disposizioni scarsamente intelligibili sia per la tecnica normativa adottata che per gli stessi contenuti.

L’obiettiva incertezza

L’obiettiva incertezza ricorre ogni volta che, nonostante sia stata posta in essere un’attività interpretativa metodicamente corretta, non sia possibile eliminare l’equivoca pluralità di significati ritraibili dalla norma. In particolare, questa trincea difensiva è tracciata dall’articolo 8 del Dlgs 546/1992, dall’articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/1997 e dall’articolo 10, comma 3, della legge 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente), articolo, quest’ultimo, che precisa non possa dar luogo (di per sé) a una condizione di obiettiva incertezza la pendenza di un giudizio di legittimità della norma tributaria violata. Peraltro, la previsione statutaria, pur essendo temporalmente successiva rispetto alle altre disposizioni, rappresenta geneticamente la cornice all’interno della quale sono collocate anche le richiamate norme in tema di processo tributario e di sanzioni amministrative.

Altre cause di esonero

Ulteriori e diverse cause di esonero sono previste dall’ignoranza inevitabile rispetto alla legge tributaria e la circostanza di aver commesso il fatto per cause di forza maggiore, rispettivamente contemplate dai commi 4 e 5 dell’articolo 6 del Dlgs 472/1997. Pertanto, l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato il soggettivo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria (Cassazione 10126/2019), cosicché, pur ricollegandovi i medesimi effetti, le due fattispecie risultano espressione di ipotesi distinte nella disciplina positiva.Ciò posto, la declinazione dell’oggettiva incertezza attiene concretamente al contenuto, all’oggetto e ai destinatari della norma tributaria.

La giurisprudenza della Cassazione (ex multis, sent. n. 4685/2012), da un lato, ha statuito che il risultato equivoco dell’interpretazione della disposizione violata dovrà essere accertato esclusivamente dal giudice, aspetto invece dibattuto in dottrina, e, dall’altro, è intervenuta ripetutamente per definire l’ambito di applicazione delle ridette norme, enunciando principi di diritto e individuando una serie di fatti-indice rivelatori che, tempo per tempo, ne hanno meglio definito la portata. Recentemente la Suprema Corte (sentenza 15597 del 22 luglio 2020) è intervenuta ancora sulla disapplicazione delle sanzioni tributarie, riconoscendo tanto la rilevante incertezza interpretativa rispetto alla norma violata nello specifico caso oggetto d’impugnazione quanto, invocando l’articolo 10, comma 2, della legge 212/2000, la buona fede del contribuente rispetto al chiarimento pervenuto a mezzo comunicato stampa dell’agenzia delle Entrate.

Nel contesto appena delineato si inseriscono le numerose perplessità che continuano ad affliggere i contribuenti in relazione a diverse norme introdotte dalla decretazione d’urgenza nel periodo dell’emergenza epidemiologica. Tali perplessità sfociano, in specifici casi, in una oggettiva incertezza normativa, che si ritiene non superabile né attraverso un procedimento d’interpretazione metodicamente corretto, che peraltro è un potere-dovere attribuito al giudice tributario, né tanto meno con l’ausilio della prassi che ha rivelato, in più di una circostanza, contraddittorietà tra documenti succedutisi nel tempo, incoerenza e, soprattutto, la tendenza ad andare spesso ben oltre il dettato delle stesse norme.

Plastica rappresentazione di quanto appena evidenziato è certamente il contributo a fondo perduto, disciplinato dall’art. 25 del decreto Rilancio (Dl 34/2020), nello specifico caso di società in liquidazione alla data del 31 gennaio 2020 e per i consorzi tra imprese. Sul punto, nessuna causa ostativa d’accesso si intravede dalla lettura della norma istitutiva, né la circolare 15/E del 13 giugno 2020 ne ha affermato l’esistenza, poi invece tratteggiata dalla successiva circolare 22/E dello scorso 21 luglio. Pertanto, per i soggetti che non siano riusciti a revocare la richiesta del contributo prima dell’erogazione dello stesso, si apre la strada della disapplicazione delle sanzioni facendo appello alle norme dello Statuto che tutelano la conformità del comportamento rispetto alle indicazioni contenute in documenti di prassi, anche se poi modificate, e, in generale, la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza della norma.

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