Imposte

Transfer pricing, spazio alla documentazione selettiva solo per alcune transazioni

Il provvedimento delle Entrate prevede che dal 2020 tutte le società dovranno predisporre sia il masterfile che la documentazione nazionale

di Massimo Bellini e Giusy Bochicchio

Masterfile per tutti, analisi pluriennali e possibilità di documentare solo alcune transazioni. Sono alcune delle novità da considerare a partire dal 2020 nel predisporre gli oneri documentali sui prezzi di trasferimento.

Il provvedimento delle Entrate 360494 del 23 novembre 2020 ha modificato profondamente la documentazione idonea per l’ottenimento dell’esimente da sanzioni di cui all’articolo 1, comma 6, e articolo 2, comma 4-ter, del Dlgs 471/97, sostituendo quello del 29 settembre 2010 ed allineando la normativa italiana agli standard internazionali Ocse.

Vengono meno i riferimenti ai concetti di holding, sub-holding ed impresa controllata che rappresentavano l’elemento cardine per l’identificazione della documentazione da predisporre ovvero per stabilire l’obbligatorietà del masterfile. Dal 2020 tutte le società dovranno predisporre sia il masterfile che la documentazione nazionale. Il contenuto è allineato con le linee guida Ocse. In molti paesi la predisposizione del masterfile Ocse è già obbligatoria e per le controllate italiane di gruppi esteri vi potrebbe essere la possibilità di utilizzare tali documenti. Per tale motivo il punto 5.1.1 del provvedimento consente di presentare il masterfile in lingua inglese. È tuttavia anche previsto che il documento debba essere redatto in lingua italiana ma la frase dovrebbe essere da rivedere, altrimenti rischierebbe di vanificare la ratio della semplificazione. Per i gruppi con casa madre italiana non sarà invece più necessario predisporre un masterfile ad hoc ai fini locali in quanto il nuovo documento (in inglese) potrà avere validità italiana ed estera.

Da segnalare i numerosi dettagli finanziari ed allegati della documentazione nazionale, che potrebbero complicare non poco la predisposizione dei documenti ed essere di non facile reperibilità, soprattutto per le società appartenenti a gruppi esteri. Tra questi si segnalano ad esempio i dati finanziari utilizzati per le analisi economiche e la riconciliazione con il bilancio di esercizio, nonché gli Apa e ruling esteri, di cui la società italiana non è parte ma che potrebbero essere collegati alle operazioni oggetto di analisi.

Di particolare interesse la disposizione prevista al punto 5.3.7 secondo cui è possibile predisporre la documentazione anche solo per alcune transazioni intra-gruppo. I contribuenti potranno quindi decidere, sulla base di considerazioni attinenti ad esempio alla materialità o al grado di rischio delle transazioni, quelle da analizzare. In tal caso l’esimente da sanzioni spetterebbe solo per le operazioni trattate nella documentazione.

Un tema che invece meriterebbe un ulteriore chiarimento è la disposizione del punto 2.1.3b(ii) della documentazione nazionale secondo cui le analisi economiche possono includere analisi pluriennali (con illustrazione delle ragioni della scelta). Il punto potrebbe essere applicabile non solo ai comparabili ma anche alla tested party. Si tratta di un approccio già seguito in altri paesi, ma che in passato è stato spesso fonte di contestazioni da parte della nostra amministrazione che richiedeva un’analisi per singolo periodo di imposta. Tale aspetto potrebbe essere particolarmente utile nel supportare le marginalità delle società impattate dall’emergenza Covid.

Da chiarire inoltre quale sia la ratio dell’estensione da 10 a 20 giorni per il periodo di consegna della documentazione (punto 5.2.1) considerato che sui documenti deve essere apposta la marca temporale entro la scadenza della dichiarazione. Un’ipotesi potrebbe essere quella di agevolare la consegna della documentazione sui servizi intra-gruppo per cui non sembrerebbe essere prevista la marca temporale e che dovrebbe costituire una documentazione a sé stante in linea con le linee guida Ocse (simplified approach).

Da segnalare infine che le società con fatturato inferiore a 50 milioni ma controllate da società con fatturato superiore non sono più considerate Pmi per cui i casi in cui si applica l’approccio semplificato (punto 4.1) si riducono notevolmente.


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